martedì 22 marzo 2011

Sul fronte del NO ai brevetti sul vivente

da Equivita


L’azione più importante e basilare per frenare sia gli Ogm, sia le molte nuove forme di privatizzazione che ci portano alla perdita totale di sovranità (come pure a una forma di dittatura globale esercitata dai centri di potere economico) sono state le nostre azioni sui brevetti presso l’EPO, Ufficio Europeo dei Brevetti.

A febbraio del 2010 Equivita ha ripreso, insieme alla coalizione “No Patents on Seeds” e a tutti i suoi storici alleati, la campagna contro la “Monsantizzazione” del cibo, per fermare i brevetti rilasciati dall’Ufficio Europeo dei Brevetti (EPO) su piante e animali ottenuti mediante riproduzione convenzionale
(dunque non più su piante e animali Ogm), oltre che su sequenze di DNA utilizzate con tecniche di riproduzione convenzionale, come la Selezione Assistita da Marcatori (MAS). L’importanza di questa campagna è facile da capire: i nuovi brevetti estendono in modo tanto smisurato quanto ingiusto la possibilità che hanno alcune, poche, industrie di esercitare il loro monopolio sul mercato del cibo e di tutto quanto attiene alla materia vivente del pianeta.
Alcuni nostri comunicati:
05.02.10: “No alla Monsantizzazione del cibo.
27.04.10: “No alla brevettazione della filiera alimentare”
18.05.10: “Olanda: principale stabilimento della Monsanto fatto chiudere dagli attivisti”

Il 30.05.10: “la Repubblica” ha pubblicato, su segnalazione di Equivita e a firma Maurizio Ricci, l’articolo “I padroni del cibo”, in cui viene denunciata, su ben 3 pagine, la nuova frontiera della brevettazione.
Inoltre, il 19 e il 20 luglio Equivita, da me rappresentata, prende parte ad una conferenza pubblica a Monaco di Baviera, ove ha sede l’EPO, e ad una manifestazione di piazza davanti al lussuoso grattacielo che lo ospita. Mi viene data la parola per illustrare la posizione dell’Italia e ciò mi consente di ricordare come grazie ad EQUIVITA (all’epoca Comitato Scientifico Antivivisezionista) fu presentato nel 1999 il ricorso contro la direttiva 98/44 detta “dei brevetti sul vivente”, da tre Stati membri: Italia, Olanda e Norvegia (membro European Economic Agreement). Questo ricorso fu due anni dopo respinto dalla Corte Europea. Oggi, alla luce delle tante prove di danni provocati dai brevetti, non lo sarebbe certo più.
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L’anno 2010 si è chiuso, in materia di brevetti, con un pronunciamento da lungo tempo atteso, ma ancora non completo, dell’Alta Corte d’Appello dell’EPO. Questa corte interna è l’unica corte che vigila sul suo operato, poiché l’EPO, che non è organismo della UE non dipende dalla Corte del Lussemburgo … La sentenza, da tempo attesa, riguardava due brevetti rilasciati - e subito contestati - considerati “casi giuridici”, di particolare rilevanza, che avrebbero “fatto legge”: il brevetto sul broccolo EP 1069819 e il brevetto sul pomodoro EP 1211926.
La sentenza ha stabilito che la procedura utilizzata per la riproduzione delle suddette piante non è brevettabile, ma non si è pronunciata sul brevetto più importante, quello sulle piante stesse. Ciò fa temere che nella prossima sentenza, annunciata entro breve, la Corte possa stabilire la brevettabilità delle piante.
Una campagna molto vasta contro i brevetti sul vivente è dunque in programma per il 2011 da parte della coalizione “No Patents on Seeds”. Essa avrà ovviamente un forte sostegno da Equivita.

Una notizia molto buona, per quanto riguarda i brevetti, ci consente tuttavia di chiudere il 2010 con uno sguardo di speranza al futuro. Si tratta della sentenza del giudice Robert Sweet della Corte Federale USA che ha invalidato 7 brevetti legati ai geni Brca1 e Brca2 (le cui mutazioni sono associate al cancro del seno e delle ovaie) sulla base del fatto che “i geni, essendo prodotti naturali, non possono essere brevettati” e che “i brevetti sui geni bloccano la ricerca e l’innovazione e limitano le possibilità di cura” … esattamente le parole che sin dai primi anni ’90 abbiamo usato noi!
Questa sentenza potrà segnare un passo indietro nel processo di privatizzazione del vivente, a maggior ragione in quanto ci giunge proprio dagli Stati Uniti. Siamo certi che tale sentenza sia anche testimonianza di una sensibilità tutta nuova dell’opinione pubblica (dovuta al lavoro di tanti di noi) e che essa darà luogo ad una vera ed indispensabile svolta nella politica e nella legge brevettuale del mondo intero, e in particolare nella tutela dei “beni comuni”.

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