domenica 27 febbraio 2011

IL PIEMONTE SI MOBILITA CONTRO LA CACCIA


Torino, sabato 5 marzo 2011 alle ore 14,30

Corso Novara n. 64 - Sala Zefiro – Centro Servizi del Volontariato Idea Solidale


La recente sentenza della Corte d’Appello Prima Sezione Civile del 29/12/2010 ha dato il via libera al Referendum regionale sulla caccia del 1987, dopo 23 anni !

Il 15 febbraio si è svolta la Conferenza Stampa del Comitato promotore del Referendum regionale sulla caccia del 1987. Nel 1987 vennero raccolte 60.000 firme. I cittadini del Piemonte avrebbero dovuto votare nel 1988. Per 23 anni le Amministrazioni regionali di ogni colore con strumentali iniziative legislative e illegittimi provvedimenti amministrativi hanno sempre impedito il voto popolare. Dopo ben 23 anni la Corte d’Appello di Torino – Sezione prima civile con sentenza del 29/12/2010 ha dato ragione al Comitato promotore del Referendum regionale. La Regione Piemonte dovrà da subito riattivare le procedure referendarie per fare esprimere gli elettori piemontesi sulla caccia.

SI DOVRA’ VOTARE SULLA CACCIA

Il quesito chiede ai cittadini se sono favorevoli a ridurre drasticamente l’attività venatoria attraverso le seguenti azioni:

a) protezione per 25 specie selvatiche oggi cacciabili (17 specie di uccelli e 8 specie di mammiferi),

b) divieto di caccia sul terreno innevato

c) abolizione delle deroghe ai limiti di carniere per le aziende faunistiche private

d) divieto di caccia la domenica.

Non era possibile nel 1987 proporre un quesito che abolisse del tutto la caccia attraverso un referendum regionale essendo l’attività venatoria prevista da una legge nazionale.

Nel 1990 nel referendum nazionale contro la caccia il Piemonte fu una delle quattro regioni dove venne raggiunto il quorum del 50% di votanti e dove prevalse il SI’ all’abolizione della caccia con il 90% dei suffragi espressi.



Non sappiamo ancora quando si andrà a votare, ma è assolutamente necessario mobilitarsi perché in ogni provincia del Piemonte si costituisca fin da ora un Comitato per il SI che organizzi iniziative coordinate a livello regionale.


L attuale Assessore regionale alla caccia Claudio Sacchetto (Lega Nord) propone invece di aumentare le specie cacciabili, di cacciare nei parchi, di allungare la stagione venatoria, di introdurre l’arco tra i mezzi di caccia, di autorizzare la caccia alle specie protette dalle norme internazionali. A dicembre 2010 il Consiglio di Stato ha accolto il ricorso di LAC e ProNatura riguardante il calendario venatorio in quanto la Regione aveva disatteso il parere dell’ISPRA;

La DGR n. 7-1170 del 7 dicembre 2011 ha autorizzato la caccia dei cinghiali all’interno dei Parchi regionali. LAC, Pro Natura, WWF hanno impugnato al TAR questo provvedimento;

Il DDL n. 54 della Giunta Regionale prevede la caccia nei Parchi e la cancellazione delle Zone di Salvaguardia delle Aree Protette regionali per accondiscendere alle richieste dei cacciatori;

La PDL di Sacchetto e Vignale prevede l’aumento delle specie cacciabili, l’allungamento della stagione venatoria, l’introduzione dell’arco come mezzo di caccia, la caccia in deroga alle specie protette dalle Direttive comunitarie, l’aumento dei giorni di caccia, le zone di allenamento dei cani da tana e da cinghiale, il ritorno del nomadismo venatorio.

E’ in atto un attacco alla fauna selvatica che in Piemonte non ha precedenti.

Associazioni, comitati, cittadini sensibili sono invitati alla riunione regionale straordinaria al fine di affrontare insieme il
gravissimo momento che stiamo vivendo e avviare la costituzione dei comitati per il SI in tutte le province del Piemonte
Conferme della partecipazione possono essere inviate alla mail: lacpiemonte.abolizionecaccia.it oppure con SMS al numero mobile 348 4991623

Per il Comitato promotore del Referendum regionale sulla caccia del 1987 Piero Belletti, Silvana Gelatti, Roberto Piana

giovedì 24 febbraio 2011

Milano, corteo contro Green Hill


sabato 5 marzo corteo nazionale contro la vivisezione

concentramento ore 15 in Piazza Duca D’Aosta ( piazza della Stazione Centrale )


Per la chiusura di Green Hill e di tutti gli allevamenti di animali destinati ai laboratori


Green Hill, il più grande allevamento d’Europa di cani destinati ai laboratori, con i suoi capannoni pieni di beagle prigionieri sulle colline di Montichiari (BS), è diventato un simbolo da abbattere per aprire un nuovo percorso di liberazione e di lotta alla vivisezione.
La chiusura di Green Hill è doverosa, ma soprattutto è anche possibile….
Ogni mese da Green Hill partono 250 cuccioli di beagle, destinati ai laboratori di tutta Europa. .. Vittime sacrificate sull’altare della scienza, costrette a nascere e morire in una gabbia, uccise, mutilate, fatte soffrire, considerate come numeri. ..

Da quando è cominciata la campagna “Salviamo i cani di Green Hill” qualcosa è cambiato. Il lager di Montichiari non può più fare i suoi comodi affari senza problemi e tutti adesso sanno cosa accade lì dentro. Il suo progetto di ampliamento è stato bloccato, gli aeroporti locali hanno fermato le deportazioni dei cani verso la vivisezione e alcuni fornitori di prodotti e servizi hanno preso le distanze da questa azienda. Ma non è tutto qui. Migliaia di persone stanno chiedendo che a questa fabbrica di cani venga applicata una legge regionale che chissà come vede esente Green Hill nonostante sia applicata a qualunque altro luogo in cui sono presenti cani in Lombardia. Se la LR 33/2009 venisse applicata per Green Hill significherebbe l’impossibilità di lavorare, la chiusura. Alla Asl lo sanno. Alla Regione lo sanno. Al Ministero lo sanno. Qualcuno ha detto qualcosa, qualcuno si è mosso, altri hanno solamente promesso. Ma intanto nulla è cambiato e i cani di Green Hill continuano ed essere prodotti in serie e spediti nell’inferno dei laboratori….


La Regione Lombardia si trova adesso al centro dell’attenzione di tutti. Sta ai tecnici e i politici della Regione, di solito comodamente abituati a rimandare e dimenticare questioni per noi così importanti, far sì che si chiuda un triste capitolo. Sta a loro far chiudere un lager inaccettabile, ma sappiamo anche benissimo che sta a noi continuare a farci sentire e fare in modo che ciò avvenga!

Il primo corteo e il lancio del “caso Green Hill” hanno convinto il Comune di Montichiari a negare rapidamente l’ampliamento dell’allevamento. Le 10.000 persone che si sono riunite a Roma il 25 settembre hanno portato il Ministero a muoversi e scrivere alla Regione per l’applicazione delle normative regionali. Adesso è il momento di essere tutti a Milano, davanti alla Regione, per far sì che le promesse non rimangano tali e la chiusura di Green Hill diventi presto realtà!... Nella sola Lombardia sono infatti presenti 130 laboratori e ben 3 allevamenti di animali destinati alla vivisezione.


Per locandine in formato A3 da diffondere scrivete a ordini@fermaregreenhill.net


Coordinamento Fermare Green Hill

venerdì 18 febbraio 2011

Emergenza per lei


Antonella chiede aiuto a tutti per aiutare questa creatura. ha 2 anni, taglia media, pelo corto tigrato, sterilizzata, chip, vaccino.

Se in tempi brevi non avra' trovato stallo finira' in un canile lagher di Catania

diffondete! non possiamo permettere che finisca in canile! non ne uscira' mai piu’ se non morta…

info: antonella 347 7796912

Il Giappone sospende la caccia alle balene


Sea Shepherd ha vinto almeno questa battaglia

Per dire se quella dell'associazione ambientalista Sea Shepherd, che da anni si batte contra la caccia alla balene, sia una vittoria definitiva è presto per dirlo. Ma intanto grazie alla sua pressione "operativa" e a quella diplomatica di molti Stati, il Giappone ha per ora sospeso il programma annuale di caccia ai grandi cetacei nelle acque dell'Antartico.

«Garantire la sicurezza è una priorità e per il momento le navi hanno sospeso la caccia a fini scientifici. Ora stiamo valutando cosa fare», ha informato Tatsuya Nakaoku, funzionario dell'Agenzia della pesca nipponica, secondo cui ora il rientro anticipato della flotta rientra tra le opzioni. La flotta giapponese per la caccia alle balene nell'Antartico, che è composta da un equipaggio di 180 persone su quattro navi, ha lasciato il Giappone lo scorso anno con il proposito di catturare 850 balenottere entro fine marzo.

Ma già nel 2010 "gli affari" per i nipponici non erano andati bene: nello stesso periodo, il target raggiunto era stato di 506 unità, a causa di "difficoltà" nelle attività anche per gli scontri diplomatici nati con Australia e Nuova Zelanda. Inoltre le azioni eclatanti degli attivisti di Sea Shepherd, intervenuti ripetutamente con le loro motonavi in mare aperto, hanno fatto riflettere e causato disappunto nella popolazione giapponese, nonostante che la caccia ai cetacei in quel paese sia ufficialmente permessa anche nel rispetto di antiche tradizioni culturali.

Non bisogna però dimenticare che il Giappone ha introdotto il concetto di "caccia ai fini scientifici" per aggirare la moratoria internazionale del 1986, sostenendo di aver diritto a valutare l'impatto delle balene sull'industria della pesca.

16 febbraio greenreport

mercoledì 16 febbraio 2011

Aosta: combattimenti di mucche gravide


segnaliamo questa pagina, dove e' visibile il video di un
combattimento di mucche gravide, avvenuto ad Aosta

http://ancheioaspettoquestogiorno.blogspot.com/2011/01/sapevate-che-in-valle-daosta-si.html

Les Battailles des reines. Ecco come si chiamano. Una brutale e
inutile tradizione che risale al XVII secolo. Secondo loro esso consiste in "un caratteristico combattimento tra mucche gravide, che si affrontano con le corna in modo 'incruento' fino all'abbandono del campo da parte di una delle due". Non sembra molto incruento, a guardare il video. E in ogni caso e' artificiale, perche' organizzato dall'uomo per suo divertimento, e quindi se ne puo' benissimo fare a meno. Il primo incontro e' previsto il 20 marzo a Pont-Saint-Martin. I combattimenti finali si svolgeranno nell'arena Croix Noire di Aosta il 23 ottobre. Scriviamo al Comune di Aosta per esprimere la nostra protesta: protocollo@comune.aosta.it Messaggio-tipo da inviare (mettete in fondo il vostro nome e cognome al posto di "... nome cognome ..."): ----------------------------- Buongiorno, mi unisco alla protesta di tanti cittadini da tutta Italia contro lo sfruttamento delle mucche gravide, che ogni anno vengono fatte combattere per far divertire il pubblico. Sono combattimenti organizzati artificiosamente, non certo naturali, e non avvengono per volonta' degli animali stessi. Senza contare che il tutto avviene in un clima festoso, cosa diseducativa per i piu' giovani, che recepiscono il messaggio che sia "normale" e lecito sfruttare gli animali per puro divertimento. Quando le tradizioni implicano lo sfruttamento e la sofferenza animale e' bene che siano messe nel dimenticatoio: chiedo che tale pratica venga vietata. In attesa di riscontro, porgo distinti saluti. .. nome cognome ...

Iniziativa PETA contro il Foie Gras


Nel 2008 la Fortnum & Mason, a seguito di contrattazioni con la PETA, annuncio' che non avrebbe piu' venduto il Foie Gras nei suoi punti vendita.

Non avendo mantenuto questa decisione la Peta invita a scrivere per abolire queste vendite definitivamente, al link:

http://action.peta.org.uk/ea-campaign/clientcampaign.do?ea.client.id=5&ea.campaign.id=8725&ea.url.id=47890&ea.campaigner.email=dji0rtmAg85aakOLe8tN5tOAuvRLaNaD&ea_broadcast_target_id=0&Dev%201=enews&City=alpignano&Country=it&Email%20Address=sageway61@yahoo.it&First%20Name=silvia&Last%20Name=cavaletto&Get%20Active%20Member%20ID=ga_27709899&Postcode=10091&CRM%20ID=3946028&Dev%203=enewsresend%0D&Address%201=via+villa27&Home%20Phone%20Number=3.93480525098E11&Marketing%202=unilever

Piossasco (TO) Apericena Vegan


20 febbraio

20 marzo

dalle ore 18,30

domenica 6 febbraio 2011

Pet live: animali domestici e dintorni - rapporto italia 2011 EURISPES




 

Per la maggioranza degli italiani, l’87,2%, quello nei confronti degli animali è un sentimento positivo: per il 35,9% si tratta di un sentimento basato sul rispetto. Il restante 12,8% si schiera su posizioni meno entusiastiche. Così, se il 7% prova indifferenza, gli altri evitano di instaurare qualsiasi tipo di rapporto con un animale perché ne hanno paura (3%) o ne sono infastiditi (2,7%). Donne (51,9%) e uomini (50,7%) mostrano di avere allo stesso modo sentimenti di affezione nei confronti degli animali. Mentre soprattutto tra gli uomini prevale un atteggiamento di rispetto nei confronti degli animali (38,7% vs 33,2%). Le donne invece ne hanno più spesso paura (4,1% vs 1,9%) o provano fastidio nei confronti degli animali (3,1% vs 2,4%).

Un amore di pet. Cani, gatti, uccelli o pesciolini che siano, accade molto spesso che essi riescano a trovare un posto da protagonisti nella vita (e nel cuore) di chi li adotta, al punto che in molti sono disposti a fare vere e proprie follie per prendersi cura di loro. Nel nostro Paese, sono il 41,7% gli italiani che hanno in casa un animale domestico. In molti casi si tratta di un unico beniamino (29,8%), ma non mancano situazioni in cui ad aver trovato una sistemazione tutt’altro che “bestiale” sono più esemplari della stessa specie o di specie diverse (11,9%). Tra quanti possiedono più di un animale domestico, le percentuali maggiori di intervistati sostengono di ospitare in casa da due (30,9%) a tre (13%) bestioline. Va tenuto presente, per contro, che più della metà del campione (58,3%) ha dichiarato di non possedere alcun animale. Prendersi cura di un animale domestico implica una serie di responsabilità e doveri quasi imprescindibili, compiti che, a ben guardare, somigliano molto a quelli che una madre adotta con il suo bambino. E in effetti il 44,2% delle donne ha adottato uno o più animali domestici (contro il 39% del sesso opposto): di esse, il 31,2% dichiara di averne in casa uno e il 13% anche più di uno. Allargare la famiglia con un pet è una tendenza riscontrata soprattutto nelle regioni del Nord-Ovest (44,5%) e del Centro (44,4%).

Cani e gatti: i preferiti dagli italiani. Il 48,4% di chi possiede un animale, ospita nella propria casa un cane, mentre nel 33,4% dei casi la cuccia è occupata da un gatto. I pesci o le tartarughe, come animali da compagnia, sono indicati nel 4,9% e nel 4,7% dei casi. Volatili (4,1%), conigli (2,1%), criceti (1,6%) e rettili (0,8%) sono molto meno presenti nelle case degli amanti degli animali. Molto spesso chi decide di adottare un cucciolo finisce per considerarlo parte integrante della propria esistenza, trasferendo su di esso bisogni e aspettative personali. Ciò accade soprattutto quando la presenza di un animale in casa costituisce una vera e propria compagnia (41,7%) ed avere qualcuno a cui rivolgere attenzioni e cure amorevoli (18,5%). Ne consegue che, in molti casi, questo rapporto finisce per essere considerato un legame simile ad un’amicizia (31,3%) del quale non si può fare a meno. Più contenuta è la tendenza a decidere di avere un animale per difendere i propri confini domestici (5,3%). Per pochi, fortunatamente, il proprio animale rappresenta solo qualcuno che deve obbedire (0,9%).

Senza risparmio: dalla pappa all’occorrente per renderlo glamour. L’80,6% di chi possiede un animale sopporta mensilmente, per i suoi bisogni, un esborso che non supera i 50 euro. Nel 51,1% dei casi la spesa è inferiore ai 30 euro, mentre nel restante 29,5% oscilla tra i 30,00€ e il limite massimo di 50,00€. Disposto ad investire somme consistenti di denaro per il benessere fisico (e a volte psichico) dei “pets” è il 19,4% del campione. In tale percentuale, spiccano coloro che sostengono mensilmente una spesa media che non supera i 100 euro (14,7%), mentre decisamente inferiore il numero di quanti pagano una cifra che varia dai 101,00 a più di 300,00 € (da 101 a 200 euro: 3,4%; da 201 a 300 euro: 0,6%; più di 300 euro: 0,7%).

Non più di 50€ per il mangime. Nell’85,6% dei casi non viene sforato il margine di 50€ per l’alimentazione del proprio animale (30 euro al mese nel 53,3% dei casi e tra 30 e 50 euro nel 32,2%). L’11,3% di chi possiede un animale, invece, tra crocchette e mangime in scatola, arriva a spendere fino a 100,00 euro al mese, mentre percentuali decisamente più contenute tendono a superare anche tale limite (da 101 a 200 euro: 2,2%; da 201 a 300: 0,3%; più di 300 euro: 0,6%).

La spesa per la salute. Su questo aspetto di fondamentale importanza, però, gli italiani sembrano non prestare la dovuta attenzione. La spesa media annua per il veterinario e gli eventuali farmaci necessari alla cura dell’animale non superano nella maggior parte dei casi (91,5%) i 200,00 euro. Particolarmente elevata è la percentuale di quanti spendono addirittura meno di 100 euro l’anno (65,2%) e supera di poco il 26% quella di coloro che investono tra i 101 e i 200 euro (26,3%).

Toletta in negozio? Meglio il “fai da te”. La crisi economica ha contribuito a contenere le spese evidentemente ritenute superflue come può essere anche quella per la toletta del proprio animale. Molti sono infatti gli italiani che scelgono di provvedere personalmente alla pulizia dell’animale che hanno in casa, eliminando totalmente i costi inerenti ad essa (65,8%). Una consistente percentuale (34,2%) continua, per contro, ad investire somme di denaro più o meno elevate per la toletta: in particolare, il 20,7% arriva a spendere annualmente fino a 50 euro, mentre l’8,2% spende tra 51,00 e 100,00 euro. Cani e gatti che possono permettersi di andare dal “parrucchiere” più volte in un anno costano ai padroni tra i 101,00 e i 150,00 euro (2,8%), fino ad arrivare, nell’1,6% dei casi, ad una spesa che supera i 150,00€ nell’arco di 12 mesi.

A tutto gadget. Cappottini per l’inverno, T-shirt glamour, collare tutto strass, cucce e lettini imbottiti per rendere il sonno più confortevole, borse da passeggio da sfoggiare, trasportini da viaggio ultraleggeri, la gamma di prodotti presenti sul mercato ha raggiunto un’offerta, sia per tipologia sia per qualità, impressionante. Anche in questo caso, la maggior parte degli italiani sceglie la via del risparmio, sostenendo di non spendere nulla in gadget per i propri animali domestici (64,9%), sebbene non va trascurata la quota di chi considera fondamentale non far mancare al cucciolo qualche vezzo da Very Important Pet (35,2%). In molti fermano il loro budget a 50,00 euro (27%), ma altri si spingono fino a 100,00€ (4,1%) o a 150,00 euro medi ogni anno (1,9%). Più raro il caso di animali griffati dalla testa alle zampe per i quali i padroni arrivano ad spendere somme superiori ai 150,00 euro.

Pesca, caccia, pellicce, circhi, animali esotici, sperimentazione e abbandono: l’opinione degli italiani. La pesca è percepita da molti come uno sport o un passatempo rilassante, e non sembra essere considerata dai più una pratica da evitare o quanto meno da limitare (48,1%). Al contrario la caccia, sulla quale esistono da tempo alcune restrizioni, non riscuote lo stesso consenso: la percentuale di quanti la considerano un’abitudine accettabile scende al 17,8% (abbastanza: 11,7%; molto: 6,1%). Non approvano per niente la caccia più della metà del campione (56,6%) e il 23,9% afferma di approvarla “poco”. La percentuale di quanti valutano positivamente il fatto di indossare capi di pelliccia supera appena il 14,1% (abbastanza: 11,7%; molto: 2,4%). La disapprovazione raccoglie l’83% delle risposte (58,8% “per niente” e 24,2% “poco”). Solo il 10,1% degli intervistati, inoltre, giudica positivamente l’utilizzo degli animali all’interno degli spettacoli circensi.  Anche l’acquisto di animali esotici non trova grande consenso: sono infatti il 9,5% coloro che accetterebbero di togliere alle foreste tropicali parte della loro fauna. Benché messa al bando dai più (88%), la sperimentazione medica sugli animali è intesa come ammissibile dall’8,2% degli italiani, il 7,4% dei quali lo trova un comportamento abbastanza tollerabile. Lascia invece perplessi il dato relativo ai combattimenti tra animali, che, nonostante la generale disapprovazione (90,7%), continua a trovare il sostegno del 2,4% della popolazione. Assolutamente antisociale è giudicato invece il comportamento di quanti abbandonano il proprio animale domestico pur di andare in vacanza (98,2% del campione lo giudica un atteggiamento per niente (96,3%) o poco (1,9%) ammissibile).

In tavola solo frutta e verdura: vegetariano e vegani sono il 6,7%. L’amore e il rispetto per gli animali a volte finiscono per influenzare anche le abitudini alimentari dei soggetti che, per tutelare l’ambiente e proteggere la biodiversità, rinunciano a carne, pesce e talvolta anche a uova e latte. Che si chiamino vegetariani o, nell’accezione più estrema, vegani, essi costituiscono ormai anche nel nostro Paese un fenomeno sociale sul quale è opportuno soffermarsi ad indagare. Mangiare esclusivamente vegetali è un’abitudine per il 6,3% della popolazione che ha eliminato dalla propria dieta carne e pesce, lo 0,4% ha optato per una decisione ancora più drastica che prevede l’esclusione anche del latte e delle uova: il veganismo. A preferire uno stile alimentare di tipo vegetariano o vegano sono in prevalenza le donne (rispettivamente 7,2% vs 5,3% degli uomini; 0,5% vs 0,3%), i giovanissimi tra i 18 e i 24 anni (13,5%) e, a sorpresa, tra gli over 65 (9,3%).

Vegetariani e vegani soprattutto per una scelta alimentare più salutare. Ma da dove nasce la spinta ad abbandonare la dieta mediterranea, con la sua varietà di alimenti e sapori, e rivolgere il proprio interesse esclusivamente verso determinate tipologie di cibo? Nel 48% dei casi questa scelta dipende fondamentalmente dal fatto che mangiare esclusivamente frutta e verdura arrechi benefici alla salute. Molto alta appare, poi, la percentuale di coloro che sono mossi in tal senso da ideologie animaliste (44%) che mal sopportano l’uccisione di animali per la macellazione delle carni. A questo risultato si associa la parte degli intervistati che scelgono la via del vegetarismo per ragioni di tipo ambientalista (2%). Pare infatti che questo tipo di dieta comporti un minore spreco di risorse e provochi meno danni al territorio.

venerdì 4 febbraio 2011

In futuro, dovremo un po’ tutti divenire più vegetariani?

di Alessandro Bozzini

L’incremento demografico mondiale (siamo ormai arrivati a 7 miliardi!), la continua diminuzione delle terre coltivate, l’incremento dell’urbanizzazione (ormai oltre la metà della popolazione mondiale vive in aree urbane), gli attesi negativi cambiamenti climatici, l’aumento della domanda della quantità e qualità del cibo dovuta all’incremento del benessere nei grandi Paesi Asiatici (Cina, India, Indonesia ecc.) dell’America latina (Brasile, Argentina); il recente uso massivo di mais e grano per produrre bioetanolo in USA; la troppo rapida liberalizzazione dei mercati dei prodotti alimentari, sono tutti fattori che certo porteranno ad un futuro incremento dei prezzi finali dei generi alimentari di base (come sempre a vantaggio del commercio, processo e distribuzione rispetto alla produzione), ad una rarefazione di molti alimenti ed a un futuro aumento dei costi dei prodotti animali.

Attualmente, specie nei Paesi ricchi, per produrre carne, latte ed uova, molti miliardi di animali domestici allevati in bio-fabbriche, utilizzano enormi quantità di carboidrati e proteine da granaglie che potrebbero nutrire direttamente miliardi di umani, specie nei Paesi più poveri.
Infatti, quasi i 2/3 delle terre fertili del pianeta sono oggi usate per coltivare cereali e leguminose per l’allevamento degli animali domestici (fonte: FAO e USA-AID). Anche in Europa il 77% dei cereali usati è destinato non al consumo umano diretto, ma a mangimi per animali. Negli USA, ben l'87%, ma solo il 18% nei Paesi più poveri del mondo. In sintesi, su scala mondiale, il 90% della soia e la metà dei cereali prodotti sono destinati a nutrire animali anziché esseri umani ( FAO, Food Balance Sheet, 2001). Inoltre, l'acqua richiesta per produrre cibo vegetale e foraggio varia dai 500 ai 2000 litri per chilo di raccolto prodotto. Il bestiame utilizza per bere solo l'1,3% dell'acqua usata in agricoltura; tuttavia, se si considera anche l'acqua richiesta per la coltivazione dei cereali e dei foraggi per l’uso animale, la quantità d'acqua richiesta è molto più elevata: per 1 kg di manzo da allevamento intensivo servono 100.000 litri d'acqua (200.000 se l'allevamento è estensivo); per 1 kg di pollo, servono 3.500 litri, 2.000 per la soia, 1.910 per il riso, 1.400 per il mais, 900 per il grano, 500 per le patate. (Pimentel,1997) Occorre anche considerare che gli animali domestici, usati come “macchine” che convertono proteine vegetali in proteine animali (anche se cibi “nobili” e da molti, certamente preferiti), risultano inefficienti come trasformatori/produttori di cibo per l’uomo. Il rapporto di conversione delle proteine vegetali contenute nei mangimi animali, a cibo per l’uomo, varia da 1 a 30 ad 1 a 4, a seconda della specie allevata. Il numero di persone che possono essere nutrite per un anno, in 1 ettaro coltivato, varia da 22 (con patate) a 19 (con riso), ma ne nutre solo 1 con la carne di manzo e 2 con quella di agnello, prodotte. In molti allevamenti si usano quasi esclusivamente mangimi prodotti con granaglie di possibile uso alimentare diretto anche da parte dell’uomo: un assurdo, se consideriamo che centinaia di migliaia di persone, specie bambini, continuano ogni giorno, nel mondo, a morire di fame, nell’indifferenza dei più.
Inoltre non bisogna dimenticare che miliardi di questi mammiferi, con la fermentazione dei vegetali digeriti e con le deiezioni immettono nell’atmosfera grandi quantità di metano e di NO, che contribuiscono, in proporzione, molto più della CO2 all’incremento dell’effetto serra.


Solo l’allevamento brado di animali in prati-pascoli naturali, che utilizzino vegetali non eduli per l’uomo, risulta avere un bilancio meno negativo, ma tale produzione nei Paesi ricchi risulta oggi essere minimale rispetto a quella ottenuta nelle “bio-fabbriche”. Se per produrre granella per allevare questi animali, elimineremo ancora le foreste, specialmente tropicali, l’effetto sul clima, già vistoso a causa dei consumi sempre più crescenti dei carburanti fossili, non potrà che peggiorare.
E’ ovvio che tra i vari tipi di allevamento, la diminuzione più consistente dovrebbe interessare quelli per la produzione delle carni, piuttosto che quelli per il latte o le uova. Ciò non solo per ragioni etiche, che pure hanno elevato valore e significato, ma soprattutto per stringenti ed ineludibili motivi sociali (la sicurezza alimentare) economici (costo dei cibi) e politici (pace e stabilità).


Oggi 800 milioni di Indiani, in fase di rapido sviluppo socio-economico, sono strettamente vegetariani: tutto ciò dimostra che potremmo un po’ tutti utilizzare di più e meglio le granaglie che oggi sono così largamente consumate per l’allevamento degli animali.


Certo, quanto prima dovremo sviluppare nuove tecnologie che permettano di produrre cibi proteici (latte e latticini dalla soia e da altre leguminose: lupini, piselli, fagioli ecc.), più raffinati e gustosi, nonché prodotti che permettano una più diffusa ed accettabile utilizzazione umana di mais, grani, orzo ed altri cereali, patate e molte specie orticole. Così potremo anche ridurre i problemi di salute derivati da obesità, eccesso di zuccheri (diabete), da eccesso di prodotti animali contenenti colesterolo, grassi saturi, che favoriscono l’insorgenza di disturbi cardiocircolatori, tumori ecc., mentre molti prodotti vegetali contengono sostanze antiossidanti e nutraceutiche di elevato valore.
Crediamo che questi argomenti debbano essere affrontati, in modo da prevenire possibili effetti negativi e dirompenti sulla nostra agricoltura, sulla nostra nutrizione e sul benessere sociale ed economico generale. In prospettiva, pensiamo possa essere utile interessare specialmente i nostri zootecnici a queste problematiche, in modo da affrontare il tutto in modo intelligente, graduale e razionale, offrendo valide alternative ai produttori ed ai consumatori.
Come sempre è meglio prevenire che curare. Se la popolazione umana continuerà ad aumentare con questo ritmo, oltre ad incrementare l’uso diretto dei prodotti vegetali, dovrà anche cercare di coltivare più diffusamente quanto può crescere nelle acque, per ottenere i prodotti alimentari derivati dalle enormi possibilità fornite dalla biologia marina. Ma lo sviluppo delle produzioni dell’acquacoltura è un altro capitolo fondamentale per il futuro dell’ umanità, finora largamente sottovalutato ed ancor oggi utilizzato principalmente da una caccia-pesca industriale troppo spesso avida ed imprevidente.

( da www.georgofili.info )

mercoledì 2 febbraio 2011

“Caccia: in Puglia una brutta pagina per la tutela degli animali e il diritto”.

ANIMALISTI ITALIANI - ENPA - LAC - LAV - LIDA – LIPU/BIRDLIFE ITALIA – OIPA ITALIA – VAS/ VERDI AMBIENTE E SOCIETÀ – VITTIME DELLA CACCIA - WWF ITALIA

 LETTERA APERTA AL PRESIDENTE DELLA REGIONE PUGLIA NICHI VENDOLA

Signor Presidente Vendola,

le vicende accadute nelle ultime settimane nella regione Puglia in materia di caccia sono di una gravità estrema.

La delibera di Giunta che ha allungato la stagione venatoria a varie specie di uccelli è un atto  clamorosamente illegittimo e ingiustificabile e, cosa ormai testimoniata dalla ampia documentazione da noi raccolta, programmato già da tempo in maniera che potessero evitarsi  ricorsi amministrativi e pareri dell’autorità scientifica.

Ignorata la scienza, calpestate le regole, danneggiata la fiducia dei cittadini: in Puglia si è consumato non solo un grave e irreparabile danno alla natura, tuttora colpita in una fase delicatissima dei propri cicli biologici, ma un vero e proprio scempio del diritto, di quelli che lasciano attoniti soprattutto perché prodotti da chi dovrebbe dare esempio e fare esercizio quotidiano di buona amministrazione e buona società.

E’ lecito domandare un’Italia migliore se in prima persona e così palesemente manchiamo di rispetto alle regole e infrangiamo lo stato di diritto?

Abbiamo chiesto a Lei, Signor Presidente, e all’assessore Stefàno, di intervenire con immediatezza  e sanare questa gravissima situazione, annullando la delibera illegittima, come peraltro prescrive l’articolo 97 della Costituzione italiana consentendoLe l’esercizio del potere di autotutela. Abbiamo cioè chiesto un atto concreto e assolutamente dovuto, diremmo ovvio, nonché un’assunzione di responsabilità in particolare da parte dell’Assessore Stefàno, che ha peraltro l’onere aggiuntivo di rappresentare la Conferenza delle Regioni in materia di caccia.

Ci rammarica molto dover notare, signor Presidente, che nessun segnale è da Lei giunto.

Le associazioni scriventi, con una scelta sofferta, dolorosa e non poco contrastata, hanno deciso di sospendere momentaneamente le azioni previste, ivi incluse quelle giudiziarie per gli abusi e i danni ambientali consumatisi e prodotti con questa tristissima vicenda.

Tale decisione, e il grande senso di responsabilità che la accompagna, sono unicamente dovuti all’impegno preso dall’assessore Stefàno nel corso dell’incontro svoltosi a Roma lunedì 24 gennaio, di considerare quella accaduta una vicenda molto negativa ma da superare immediatamente, già con la previsione del prossimo calendario pugliese e con i lavori più generali per garantire che le leggi, le regole e le indicazioni dell’autorità scientifica nazionale siano, a partire dalla Puglia, pienamente rispettate e applicate in tutte le Regioni.

La tutela degli animali selvatici e della natura non rappresenta un desiderio astratto, né un obiettivo di grado secondario ma un dovere costituzionale, un obbligo giuridico, una necessità della scienza e della cultura. Gli animali selvatici, patrimonio indisponibile dello Stato, sono un bene comune, un mondo di bellezza, varietà e vitalità straordinaria. Crediamo sia ormai tempo di strapparli alle logiche opache dei più bassi giochi di parte, per restituirli alla comunità intera e a sé stessi, come essa e loro meritano.


Roma, 27 gennaio 2011
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