venerdì 18 febbraio 2011

Il Giappone sospende la caccia alle balene


Sea Shepherd ha vinto almeno questa battaglia

Per dire se quella dell'associazione ambientalista Sea Shepherd, che da anni si batte contra la caccia alla balene, sia una vittoria definitiva è presto per dirlo. Ma intanto grazie alla sua pressione "operativa" e a quella diplomatica di molti Stati, il Giappone ha per ora sospeso il programma annuale di caccia ai grandi cetacei nelle acque dell'Antartico.

«Garantire la sicurezza è una priorità e per il momento le navi hanno sospeso la caccia a fini scientifici. Ora stiamo valutando cosa fare», ha informato Tatsuya Nakaoku, funzionario dell'Agenzia della pesca nipponica, secondo cui ora il rientro anticipato della flotta rientra tra le opzioni. La flotta giapponese per la caccia alle balene nell'Antartico, che è composta da un equipaggio di 180 persone su quattro navi, ha lasciato il Giappone lo scorso anno con il proposito di catturare 850 balenottere entro fine marzo.

Ma già nel 2010 "gli affari" per i nipponici non erano andati bene: nello stesso periodo, il target raggiunto era stato di 506 unità, a causa di "difficoltà" nelle attività anche per gli scontri diplomatici nati con Australia e Nuova Zelanda. Inoltre le azioni eclatanti degli attivisti di Sea Shepherd, intervenuti ripetutamente con le loro motonavi in mare aperto, hanno fatto riflettere e causato disappunto nella popolazione giapponese, nonostante che la caccia ai cetacei in quel paese sia ufficialmente permessa anche nel rispetto di antiche tradizioni culturali.

Non bisogna però dimenticare che il Giappone ha introdotto il concetto di "caccia ai fini scientifici" per aggirare la moratoria internazionale del 1986, sostenendo di aver diritto a valutare l'impatto delle balene sull'industria della pesca.

16 febbraio greenreport

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