mercoledì 25 agosto 2010

L’inquinamento da azoto sta incrementando in tutto il mondo


Siamo già oltre il confine indicato dagli scienziati
Necessario ridurre la produzione di fertilizzanti artificiali e il consumo della carne

di Gianfranco Bologna *

Gli studiosi che si occupano delle scienza del sistema Terra, sono sempre più preoccupati per il pesante intervento esercitato dalla nostra specie, sull'importante ciclo biogeochimico dell'azoto. Come più volte abbiamo ricordato nelle pagine di questa rubrica, la comunità scientifica internazionale ha iniziato ad indagare la possibilità di indicare quei limiti planetari su diverse problematiche delle relazioni tra specie umana e sistemi naturali, oltre i quali non dovremmo avventurarci.

Come ricorderete, avendone più volte discusso in queste pagine, nel settembre del 2009 è stato pubblicato nella prestigiosa rivista scientifica "Nature" un documento di grandissimo valore non solo scientifico (Rockstrom J. et al, 2009, A Safe Operating Space for Humanity, Nature, vol,461; September 2009; 472-475) , frutto della collaborazione di 29 tra i maggiori scienziati delle scienze del sistema Terra e della scienza della sostenibilità, tra i quali il premio Nobel Paul Crutzen. Il lavoro sottolinea l'ennesima significativa e documentata preoccupazione della comunità scientifica rispetto al nostro crescente e pervasivo impatto sui sistemi naturali che sostengono la vita sul nostro straordinario pianeta e si avventura ad indicare i "confini planetari" (Planetary Boundaries) che l'intervento umano non dovrebbe sorpassare, pena effetti veramente negativi e drammatici per tutti i nostri sistemi sociali ed economici.

Gli studiosi ci ricordano che la specie umana ha potuto godere negli ultimi 10.000 anni (nel periodo geologico definito Olocene dell'era Quaternaria) di una situazione, pur nelle ovvie dinamiche evolutive che interessano tutti i sistemi naturali, che ha offerto una discreta stabilità delle condizioni che ci hanno consentito di incrementare il numero di esseri umani ed anche le nostre capacità di utilizzo e trasformazione delle risorse del pianeta.

Oggi invece, secondo la comunità scientifica (come abbiamo più volte ricordato in questa rubrica) ci troviamo in un nuovo periodo geologico, definito proprio dal premio Nobel Paul Crutzen, Antropocene, così chiamato a dimostrazione di come la pressione umana sui sistemi naturali del pianeta sia diventata talmente pesante da essere paragonabile alle grandi forze geologiche che hanno modificato la Terra durante l'arco di tutta la sua vita.

Nel lavoro si individuano nove problematiche che costituiscono altrettanti confini planetari e sono: il cambiamento climatico, l'acidificazione degli oceani, la riduzione della fascia di ozono nella stratosfera, la modificazione del ciclo biogeochimico dell'azoto e del fosforo, l'utilizzo globale di acqua, i cambiamenti nell'utilizzo del suolo, la perdita di biodiversità, la diffusione di aerosol atmosferici, l'inquinamento dovuto ai prodotti chimici antropogenici.

Per tre di questi e cioè cambiamento climatico, perdita di biodiversità e ciclo dell'azoto, come dicevo, siamo già oltre il confine indicato dagli scienziati. E gli studiosi indicano per ognuno di questi tre grandi ambiti il confine proposto.

Per il ciclo dell'azoto si calcola l'ammontare di azoto rimosso dall'atmosfera per utilizzo umano (in milioni di tonnellate l'anno). A livello preindustriale si ritiene che tale ammontare fosse zero, oggi è calcolato in 121 milioni di tonnellate l'anno, (anche se altri dati forniscono cifre di circa 200 miliardi di tonnellate annue) mentre il confine accettabile, come obiettivo, viene indicato in 35 milioni di tonnellate annue.


L'azoto è un elemento chimico che si riscontra in natura come un gas biatomico nell'aria di cui costituisce in media il 78,09% in volume, quindi la componente più significativa della nostra atmosfera (che ricordiamo essere composta, per il resto, dal 20,95% di ossigeno, dall'argo con lo 0,95% e da altri gas in componenti minori, come il biossido di carbonio la cui presenza viene indicata in parti per milione di volume, oggi ha superato le 388, nonché dal vapore d'acqua, fino al 4% - con una concentrazione che dipende dalla quota e da altre condizioni -). L'azoto è un elemento chimico molto importante anche per la vita; è infatti presente nelle proteine, negli acidi nucleici e sotto forma di numerosi altri composti organici in tutti gli organismi viventi, mentre si trova sotto forma di sali inorganici (come nitrati, nitriti e sali di ammonio) nel suolo. Il principale minerale che lo contiene è il nitrato di sodio.

L'azoto è fondamentale per gli esseri viventi e, come abbiamo visto, la maggior parte di questo elemento si trova nell'atmosfera ed i processi con i quali gli esseri viventi lo utilizzano e lo riciclano costituiscono il ciclo dell'azoto. Sono solo pochi gli organismi capaci di utilizzare direttamente l'azoto molecolare e cioè i cosiddetti organismi azoto fissatori, come alcuni batteri aerobici ed anaerobici e alcune alghe azzurre, mentre piccole quantità di azoto ossidato, formatosi a causa di scariche elettriche nell'atmosfera, giungono al terreno per mezzo della pioggia, mentre la maggiore quantità di azoto presente nel terreno deriva dalla decomposizione di esseri viventi e dai prodotti di escrezione. Quindi per rendere disponibile l'azoto nel sistema naturale un gruppo di batteri azoto fissatori sono in grado di scindere il triplo legame esistente tra i due atomi della molecola biatomica di azoto presente nell'aria nel processo noto appunto, come fissazione dell'azoto. Questi batteri specializzati vivono in diversi ecosistemi, sia di acque dolci che salmastre e vivono anche in relazioni simbiotiche con le radici delle leguminose (che sono tra l'altro, tra le più importanti colture utilizzate dai nostri sistemi agricoli).

Nel delicato ciclo dell'azoto l'intervento umano è stato fortemente significativo. Grazie al metodo industriale di trasformazione dell'azoto gassoso in ammoniaca, definito metodo Haber-Bosch, dal nome dei due studiosi tedeschi, Fritz Haber dell'Università di Karlsruhe nel 1909 e, circa venti anni dopo, Carl Bosch che si dedicò in particolare a sviluppare il metodo industriale, abbiamo profondamente modificato il ciclo dell'azoto con conseguenze, anche nei confronti delle nostre stesse società, che vengono considerate con grande preoccupazione da parte di tutti gli studiosi.

Infatti nei decenni successivi all'avvio del metodo Haber-Bosch, un numero crescente di industrie ha iniziato a trasformare quantità ingenti di ammoniaca in fertilizzanti. I fertilizzanti sintetici hanno consentito di coltivare terreni infertili e di ottenere raccolti significativi dallo stesso suolo, senza aspettare i processi di normale rigenerazione dei nutrienti naturali del suolo. Attualmente l'umanità sta producendo azoto reattivo e lo sta disperdendo nell'ambiente ad un ritmo sempre più elevato, scatenando problematiche e feedback ecologici molto negativi, perché si può combinare con un'ampia gamma di composti e può diffondersi in modo capillare. Nelle acque dei laghi, dei fiumi e poi dei mari, l'azoto reattivo può innescare spropositate crescite di piante ed alghe microscopiche che, una volta giunte alla fase di decomposizione, consumano un enorme quantità di ossigeno creando, a lungo andare, delle vere e proprie "zone morte" che ormai gli studiosi hanno in numerose aree costiere del mondo. Inoltre il continuo eccesso di produzione antropica di azoto contribuisce al fenomeno del riscaldamento globale. Dal 1960 la produzione di azoto sintetico è incrementata dell'80% e oggi le attività umane producono circa 200 miliardi di tonnellate di azoto reattivo ogni anno, un valore che vale circa il doppio dell'azoto dovuto a tutti gli altri processi naturali.


E' evidente che non si può andare avanti così; abbiamo sorpassato il nostro confine planetario nella modificazione del ciclo dell'azoto. La comunità scientifica ha da tempo avviato un'International Nitrogen Initiative (vedasi il sito www.initrogen.org) dedicata all'analisi ed al monitoraggio degli effetti dell'azoto sulla salute umana e l'ambiente.

L'inquinamento da azoto sta incrementando in tutto il mondo ad una velocità che impone urgenti interventi regolatori quali, ad esempio, la riduzione della produzione di fertilizzanti artificiali o la loro applicazione con tecniche di precisione e la riduzione del consumo della carne che sta invece incrementando a livello mondiale.


* Direttore scientifico di WWF Italia

venerdì 20 agosto 2010

Foche: in vigore divieto UE di commercio prodotti derivati


Venerdì 20 agosto entra in vigore il Regolamento UE 1007/2009 che ha definitivamente messo al bando in tutto il territorio dell'Unione Europea il commercio dei prodotti derivati dall'uccisione delle foche. Lo comunica la LAV chiedendo al Vice Ministro Adolfo Urso per lo Sviluppo Economico di disporre tempestivi e accurati controlli sulle merci in ingresso e in uscita dall'Italia.

Il legislatore comunitario ha riconosciuto che: "Le foche sono esseri senzienti che possono provare dolore, angoscia, paura e altre forme di sofferenza" e quindi, rilevando che: "La caccia alle foche ha suscitato vive preoccupazioni presso il pubblico e i governi sensibili al benessere degli animali (...)", al fine di: "(...) eliminare gli ostacoli al funzionamento del mercato interno mediante l'armonizzazione a livello comunitario dei divieti nazionali (...)" ha disposto il divieto di qualsiasi attività con finalità commerciali che abbiano come oggetto di lucro prodotti derivati dall'uccisione delle foche.

Il Regolamento UE 1007/09 - evidenzia la LAV - costituisce il secondo caso in cui la legislazione comunitaria ha superato i vincoli imposti dalle regole dettate dal mercato internazionale, facendo di scelte etiche nei confronti degli animali e a tutela dei consumatori, un motivo necessario e sufficiente a bandire un intero commercio. Il primo caso fu l'analogo Regolamento 1523/2007 che ha bandito il commercio di pellicce di cani e gatti, utilizzate per guarnire giacconi, accessori e altri prodotti ed immesse clandestinamente sul mercato europeo e italiano grazie a diciture fuorvianti.

La caccia commerciale alle foche è regolarmente praticata in Russia, Groenlandia, Norvegia e Islanda ma è soprattutto in Canada dove avviene il maggior massacro di mammiferi marini (in media 200.000 l'anno, prevalentemente cuccioli tra le 2 e le 12 settimane di vita). Prima dell'approvazione del bando europeo, il Canada esportava il 32% dei prodotti derivanti dalla foca verso gli Stati membri dell'UE.

L'Unione Europea limita l'immissione sul mercato dei prodotti derivati dalle foche, solo se provenienti da attività di caccia praticate da comunità Inuit o altre popolazioni indigene per il proprio sostentamento o in conseguenza di specifici piani di gestione delle risorse marine. Tali deroghe al bando generale, che non devono costituire scopo di lucro, devono essere certificate da un organo terzo riconosciuto dalla Commissione UE che rilascia documentazione attestante la tracciabilità dei singoli prodotti (Reg.UE 737/2010 del 10 agosto 2010 recante modalità di applicazione del Reg. UE 1007/2009).

In Europa, la caccia commerciale delle foche (e la commercializzazione dei prodotti che ne derivano) è quindi ufficialmente bandita.

Ma quali sono i prodotti di foca finalmente vietati? Già nel testo del Regolamento, si indica che le foche sono cacciate per fabbricare prodotti e articoli, quali carne, olio, grasso, organi, pelli per pellicceria e articoli derivati, inclusi prodotti vari come le capsule di Omega 3 (in vendita da 10 anni in Canada, Europa e Asia).

Alternative cruelty-free ai prodotti di foca sono facilmente reperibili e sono sempre consigliate dalla LAV: per esempio, è molto più semplice assumere la corretta dose giornaliera di acidi grassi essenziali Omega3 da fonti vegetali (l'olio di lino ne contiene 57g/100g di alimento, i semi di lino 17g/100, le noci 6,2g/100 ecc...) anziché da alimenti di origine animale (0,5-2g/100g il contenuto di Omega 3 nel pesce). Inoltre, in alternativa a pellicce, pelli o anche grasso, olio di foca o carne, ormai il mercato offre innumerevoli prodotti non di origine animale."L'Italia in passato ha rivestito un ruolo purtroppo primario nel mercato internazionale, in qualità di Paese maggior trasformatore di prodotti di foca, con importazioni ed esportazioni per milioni di euro – dichiara Simone Pavesi, responsabile nazionale LAV settore pellicce – Per questo chiediamo al Vice-Ministro per lo Sviluppo Economico, On. Adolfo Urso, di predisporre e attuare subito uno specifico piano di controlli presso le dogane sulle merci in entrata ed uscita dal nostro Paese al fine contrastare possibili violazioni alla normativa europea".

I dati forniti dal nostro Governo all'Eurostat Datashop di Berlino attestano che l'Italia è stata uno dei principali trasformatori al mondo di pellicce di foca: tra il 2002 e il 2005, è registrato un import (da Canada, Danimarca, Groenlandia) di 8,4 milioni di euro e un export di 16,2 milioni di euro.

Il fenomeno della caccia alle foche è stato oggetto di accese contestazioni da parte dell'opinione pubblica, e numerose sono state le campagne delle associazioni animaliste avviate negli ultimi 40anni per denunciare questa barbarie.Nel 2004 e nel 2005 la LAV colse la richiesta di sostegno dell'International Fund for Animal Welfare, recandosi con una propria delegazione in Canada al fine di essere testimone, insieme ad alcuni giornalisti di testate nazionali, della crudeltà con cui sono legalmente sterminate le foche.

Oggi, grazie al lavoro svolto dalla LAV, l'Italia è stato il primo Paese in Europa a mettere al bando questo commercio e il primo Paese ad adottare il sistema sanzionatorio per le violazioni al regolamento comunitario. Produzione, commercio, importazione ed esportazione di prodotti di foca sono già sanzionati in Italia dalla Legge 189 del 2004 contro il maltrattamento degli animali (modificata, su proposta della LAV, con la recente Legge comunitaria del 2009), che dispone l'arresto da tre mesi a un anno o l'ammenda da 5.000 a 100.000 euro, oltre alle sanzioni accessorie quali la sospensione della licenza da tre mesi a un anno e, in caso di reiterazione, il ritiro della stessa.

Il mercato della pelliccia di foca varia notevolmente di anno in anno anche a causa delle condizioni climatiche: l'inverno caldo dell'ultima stagione di caccia ha drasticamente ridotto il ghiaccio e molti cuccioli, incapaci di nuotare, sono morti annegati o perché predati da altri animali. Nel 2006 la caccia alle foche ha fruttato 33 milioni di dollari canadesi, con un prezzo di 97 dollari a pelliccia; nel 2007, 12 milioni (il valore della singola pelliccia è sceso a 55 dollari), nel 2008 il prezzo è sceso a 33 dollari ed oggi, grazie al bando UE il valore della pelliccia si aggira intorno agli 8 dollari.Tuttavia, per aggirare il bando europeo, il Governo canadese sta orientando il mercato dei prodotti di foca verso altri paesi come la Cina e la Russia.

Oggi la LAV è quindi impegnata in nuove azioni per convincere il Governo Canadese a bandire una volta per tutte la caccia alla foche. L'andamento del mercato dei prodotti di foca dimostra che un mercato, per essere sostenibile e durevole, deve essere anche rispettoso degli animali; un esempio è quanto sta avvenendo in Namibia, dove si sta sviluppando il seal-watching: i turisti potranno sostenere l'economia locale e migliaia di animali avranno così salva la vita. (fonte: LAV)



lunedì 9 agosto 2010

Stop sussidi europei alla corrida


Una protesta europea cui partecipare firmando una petizione on-line:
Stop sussidi europei alla corrida


http://e-activist.com/ea-campaign/clientcampaign.do?ea.campaign.id=7429


Nella petizione si spiega come l'UE conceda ogni anno 30 milioni di euro come sussidi agli allevatori di tori per le corride spagnole.
La petizione chiede a Dacian Ciolos, il Commissario Europeo lo Sviluppo Rurale e Agricolo, di porre fine a questi sussidi.


Conviene cambiare il testo in inglese che c'e' nella petizione on-line, perche' e' specifico per i cittadini britannici. Sostituitelo con queste 3 righe:
-------------------------------------
Please, stop giving subsidies to bullfighting!
All European citizens are against this shame!

Best regards,
------------------------------------
che chiedono in sostanza di mettere fine ai sussidi e dice che tutti i cittadini europei sono contrari a questa vergogna.
I campi da compilare sottostanti sono solo questi (gli altri non serve compilarli):
First Name * - mettete il vostro nome
Last Name * - mettete il cognome
Country - mettete Italy
Email Address * - mettete la vostra mail.

Poi cliccate il bottone grande SUBMIT.

Una volta firmato, si apre una pagina in cui chiedono di far firmare anche degli amici.
Si può mettere un testo in italiano al posto di quello in inglese che c'e', per invitare altri a firmare la petizione.

domenica 8 agosto 2010

Il geko delle foreste africane si fa in quattro


Un nuovo studio riferisce che il geco delle foreste dell'Africa Occidentale, un rettile discreto ma ampiamente diffuso nell fascia tropicale dal Ghana al Congo, non è uno solo, ma si tratterebbe di ben quattro specie distinte che sembrano essersi evolute nel corso degli ultimi 100 mila anni, in seguito alla frammentazione della fascia delle foreste pluviali.
La scoperta è segnalata dall'Università di Berkeley (California). I dottorandi Adam D. Leachi e Matthew K. Fujita hanno dimostrato la ricchezza della biodiversità che ancora popola i frammenti di foresta tropicale dell'Africa occidentale: le nuove metodologie basate sull'analisi del DNA sono state in grado di distinguere diverse specie malgrado le grandi somiglianze.
"Nel corso dei nostri viaggi nell'Africa Occidentale abbiamo sempre trovato questo geco, il Fasciatus Hemidactylus - spiega Leachi, del Museo di Zoologia dei vertebrati di Berkeley - Nonostante sia riconosciuto come una specie, con nuovi metodi di analisi abbiamo stabilito che con grandi probabilità si tratta invece di almeno quattro specie."
Nonostante la frammentazione della foresta sia legata a un fenomeno di lungo periodo come l'aumento della siccità in tutta Africa occidentale, la deforestazione è in crescita a causa delle attività umana. "Queste foreste pluviali sono classificate come uno degli hotspot mondiali di biodiversità, ma la deforestazione causata dall'uomo sta esasperando il fenomeno della perdita di habitat"

( da www.greenreport.it )


giovedì 5 agosto 2010

Noi e gli altri. La rivoluzione gentile che ama i più deboli


di Gianpaolo Silvestri


San Francesco, assunto come faro per il riscatto delle moltitudini da Toni Negri, è il protettore degli animali. La loro difesa implica anche un altro modo di vedere il mondo, un’altra economia e un futuro sostenibile.

«Le bestie non sono così bestie come si pensa », asseriva Molière nell’Anfitrione. Gli umani talvolta sì, viene da chiosare di fronte alla tragica situazione di sofferenza cui condanniamo gli altri animali. Davvero è il caso di sottoscrivere l’Orwell de La fattoria degli animali che sentenzia: «Quattro zampe buono, due zampe cattivo», intendendo ovviamente per bipede la specie umana. Pur essendo uno dei dati fondanti del pensiero ecopacifista è indubbio che l’animalismo rimanga ancora, nonostante il generoso sforzo di moltissime donne e uomini, il «luogo ove una folla tace e gli amici non riconoscono» (parole rubate a Franco Fortini).

In realtà esso presuppone una vera rivoluzione, uno scardinamento degli assunti logico/ scientifici cui è nata la modernità, un’elusione della dicotomia cartesiana con annesso concetto animale-macchina; implica, come il femminismo e l’ecologia, un rifiuto secco dell’economicismo imperante e una rivisitazione delle coordinate della Storia che sbricioli poteri, certezze, consuetudini, senso comune, appartenenze. L’animalismo ci suggerisce inclusività, interdipendenza, armoniosa convivenza: la sua assunzione è tra le chiavi di volta contro le esclusioni e le gerarchie consolidate dal vincente e devastante antropocentrismo occidentale. In uno splendido libro del lontano 1979, Il coltello e lo stilo - animali, schiavi, barbari, donne, all’origine della razionalità scientifica, Mario Vegetti analizza come partendo dalla natura della democrazia ateniese (archetipo della democrazia in genere) e giungendo sino agli albori della modernità con l’affermarsi dell’imperativo razionale scientifico, sia evidente il dato d’esclusione del patto di cittadinanza.

Animali, schiavi, barbari (stranieri), donne: incredibile come i soggetti non interni al “politico”, fuori del Palazzo, dalle mura e dall’agorà, siano nei tempi sostanzialmente gli stessi. È ancora l’urlo di Antigone che vale, le lacrime di colei che, sul cadavere del fratello, non accetta la razionale/ neutra/oggettiva logica del potere costituito, e grida “No” in nome di un’umanità che lo trascende e lo delegittima. Qualcuno potrebbe affermare che oggi non ci sono più schiavi. A parte l’opinabilità di tale asserzione, specie in relazione a nuove post-moderne forme in cui nel terzo millennio la schiavitù si presenta, basta osservare la cronaca quotidiana in relazione agli immigrati (e non solo) anche in Italia. Mi è amaro obbligo ricordare che nella “Conferenza mondiale contro il razzismo, la discriminazione razziale, la xenofobia e le relative intolleranze” dell’Onu, tenutasi a Dur-inban, in Sudafrica, nel settembre 2001, molte nazioni si sono rifiutate di dichiarare lo schiavismo “crimine contro l’umanità”.
La rivoluzione gentile che l’animalismo ci propone ha la stessa valenza millenaria della rivolta di Spartacus, lo schiavo romano che non riteneva eterne e naturali le motivazioni e le norme che lo rendevano “oggetto”, proprietà d’altri, non libero. Non a caso Lega spartachista fu anche il nome del movimento di Rosa Luxemburg, la rivoluzionaria uccisa il 15 gennaio 1919 a Berlino. Altre oppressioni, altre rivolte, altre dignità da affermare. Come significativo e non casuale è che - non sembri una forzatura - la prima e più diffusa guida internazionale omosessuale si chiami, appunto, Spartacus. Gli animali, tra gli esclusi, sono indubbiamente gli ultimi tra gli ultimi e davvero il vecchio slogan («dare voce a chi non ha voce ») aveva loro tra i principali referenti. Credo che il pensiero animalista sia tra quelle intuizioni feconde in grado di con-segnarci un nuovo alfabeto, di scrivere un’altra narrazione, di uscire dalla preistoria.
E ancora una volta è l’empatia - questa nostra capacità di sentire, condividere, soffrire con e per gli altri - che ci indica il giusto. Un giusto che afferma con forza, come dato iniziale e indisponibile, non trattabile, il rifiuto di procurare sofferenza a ogni essere vivente. È un imperativo categorico dell’animalismo (ma non solo) che parla e interpella tutti noi. È foriero di un’altra umanità, di altre relazioni, è (come ebbe a dirmi Johan Galtung riferendosi ai diritti) «una scommessa di pace». Non credo sia un caso - a tale proposito -, che la Carta dei diritti d’Europa non contempli quelli degli animali e il diritto alla pace. Siamo però ottimisti poiché consapevoli delle ambiguità, delle contaminazioni, del percorso carsico cui i movimenti e il processo di liberazione oggi sono caratterizzati. L’animalismo è una rivoluzione vera e come tutto ciò che cambia radicalmente lo stato di cose presenti, ha valenza storica (auguriamoci, però, non tempi storici).
Le sue coordinate implicano non solo una “attenzione” agli altri animali ma, credo, un habitat diverso, un’altra economia, una diversa qualità della vita; implicano il gesto “gratuito”, quello che dà senso e identità alle relazioni e all’esistenza; implicano scommettere su questo pianeta e sulla sua ricca biodiversità con curiosità verso l’altro da sé e confronti/incontri non distruttivi. Implicano, semplicemente, amare la vita. Per questo, per quello che in nuce già ci dice e per il no alla sofferenza che afferma, l’animalismo è una delle opzioni che ribalteranno il pianeta. È un architrave di scienza, pensieri, sentimenti che esplicitano il futuro sostenibile, la terra dell’alleanza tra i viventi, tra le specie (mondo vegetale compreso), l’assioma dell’armonia. Anche per chi come me incontra ancora oggi difficoltà, ha resistenze non tutto comprende, il grazie all’animalismo e alle migliaia di donne e uomini che lo animano, è piacevole obbligo.
Gli animalisti hanno con rigore elaborato scienza e conoscenza, praticato con amore il rifiuto della sofferenza e del dolore procurato, aiutato a portare con Noè e la sua progenie le innumerevoli specie della vita nell’arca della salvezza («siamo tutti sulla stessa barca» è l’assunto) e lavorato - consapevolmente o non - affinché, dopo il diluvio giunga la colomba recante il ramoscello d’ulivo della pace. Come sempre occhi rossoverdi sulla realtà: il male che procuriamo agli altri animali è ben visibile nella sua tragica e terribile “normalità”. Non ci è permesso, al di la di differenti impostazioni teoriche e sensibilità, disconoscerlo o far finta di niente, specie se è davvero sincero l’auspicio di un pianeta vivo in cui per tutti valga la pena vivere. D’altronde «Il cavallo, come ognuno sa, è la parte più importante del cavaliere», parola di J. Giraudoux.

( da: Terra )

Pelo & Contropelo - versione leggibile


"Pelo & Contropelo" giornalino animalista
puoi leggere qui la versione integrale...

http://www.lacincia.it/docs/pelo_contropelo_20100701.pdf

Delfini: Massacro alle isole Faeroe –firmate l’appello!


Il 19 luglio 2010, un branco di 263 delfini globicefali è stato

sterminato senza pietà presso la città di Klaksvik nelle Isole Faeroe,
territorio danese. Sea Shepherd ha potuto documentare il massacro grazie
agli sforzi di un agente che operava in segretezza e che soggiornava da
qualche tempo tra gli abitanti del luogo al fine di poter riprendere la
"grind". La grind è un metodo crudele di caccia alla balena che prevede
che i cetacei siano spinti all'interno di baie per poi tagliare coi
coltelli la loro spina dorsale.

"Si sa che i delfini globicefali viaggiano in branchi composti da un
numero di membri che va dai 200 ai 300. Duecentotrentasei delfini
globicefali sono stati massacrati ieri sera a Klaskvik: maschi, femmine
incinte e che allattavano, animali non maturi e cuccioli non ancora
nati, ancora attaccati alle loro madri dal cordone ombelicale. Un intero
branco che un tempo nuotava liberamente nell'Atlantico settentrionale è
stato sterminato in un unico bagno di sangue".
Questa e' purtroppo una barbarie che continua da molto tempo e a cui non
si riesce a porre fine.

Scriviamo al Primo Ministro della Isole Faeroe:
info@tinganes.fo

Bastano 2 righe in inglese, qualcosa di questo tipo, che chiede di porre
fine al massacro e vietare queste crudelta' (ricordate sempre di firmare
in fondo con nome e cognome):

Please, stop dolphin massacre in Faeroe Islands!
Ban this cruelty!
Thank you and best regards,
---------------------

da AGIRE ORA ( http://www.agireora.org/info/news_dett.php?id=1007 )

ricevuto da “Pelo & Contropelo” giornalino animalista


Roma - Stop alla ambulanza per soccorso animali



in cinque anni ha soccorso 800 animali


Il Comune non ha rinnovato la convenzione per il mezzo che aiuta anche gli animali vittime di incidenti stradali. Problemi anche per il Pet soccorso, il Centro recupero fauna selvatica Lipu e la sterilizzazione di cani e gatti. Il veterinario: "Auspichiamo che vengano presto riattivati"

Il dottor Argiolas e il presidente Lav Gianluca Felicetti con la pet a Motori spenti e serbatoio vuoto per la pet-ambulanza voluta da Francesco Totti e Ilary Blasi, per fornire soccorso d'emergenza agli animali feriti a Roma. Il Comune non ha infatti rinnovato la convenzione per mantenerla attiva; è stato denunciato oggi a Roma, in occasione di una conferenza stampa organizzata dalla Lega antivivisezione (Lav) sul tema del nuovo codice della strada.

Era stato avviato nel 2005 il progetto pilota 'Soccorso animali Roma': grazie a una generosa donazione che aveva assicurato la nascita del servizio, pet-ambulanza compresa, e i primi sette mesi di gestione. Dal 1 marzo 2006, l'ufficio Diritti animali del Comune di Roma ha assunto il coordinamento del servizio di emergenza. Da gennaio 2010, però, il Campidoglio non ha rinnovato la convenzione per mantenerlo attivo. Risultato: l'ambulanza veterinaria, che ha partecipato anche al soccorso degli animali vittime del terremoto dell'Aquila, giace inutilizzata.

L'Asav (Autoveicolo di soccorso avanzato veterinario), prototipo di ambulanza veterinaria progettata e realizzata da Roma Pet Soccorso, con il patrocinio e il cofinanziamento dell'Unione europea, ha ricevuto in cinque anni oltre cinquemila chiamate e ha effettuato quasi 800 interventi d'emergenza. Il 90% delle attività di soccorso ha riguardato incidenti stradali. Una percentuale che ha raggiunto il 100% in estate, quando gli animali abbandonati spesso rimangono vittime di incidenti stradali, anche mortali.

Il Pet Soccorso ha svolto anche interventi in aiuto agli animali nei campi nomadi della Capitale e interventi tecnici preventivi di controllo nei circhi con animali, soprattutto nel periodo delle festività natalizie. Hanno giovato del mezzo anche i cavalli adibiti al servizio delle 'botticelle' romane e alcuni rettili fuggiti dalle abitazioni.

Ma non è solo la pet-ambulanza ad avere problemi: in serie difficoltà è anche il Pet soccorso, il Centro recupero fauna selvatica della Lipu e l'attività di sterilizzazione di cani e gatti sul territorio. "Auspichiamo che questi servizi possano essere, in tempi brevi, non solo riattivati ma anche potenziati - dice Stefano Luigi Argiolas, veterinario responsabile del servizio di pet-ambulanza - Ci sono soprattutto problemi organizzativi, più che finanziari - ammette - perché l'assessore alle Politiche ambientali del Comune di Roma e il presidente della Commissione ambiente stanno facendo di tutto in questo senso".

Intanto oggi la Lav ha donato oggi all'ambulanza una sirena lampeggiante permessa per la prima volta dal nuovo codice della strada, cogliendo l'occasione per chiedere al sindaco della Capitale Gianni Alemanno di ripristinare la convenzione che ha assicurato per anni, fra tante difficoltà, un servizio essenziale.


( da Giovanni Gagliardi)

lunedì 2 agosto 2010

TASK FORCE contro randagismo e canili lager



da Pelo & Contropelo n.1 luglio 2010


C’è una novità al Ministero della

Salute: la nuova task force contro randagismo

e canili lager. Quattordici professionisti, di

cui dieci veterinari, collaboreranno con

Carabinieri e Nas per contrastare questi gravi

fenomeni.


La task force costituirà un

interlocutore privilegiato per tutti i cittadini

che potranno così segnalare situazioni

critiche, anche utilizzando l’indirizzo di posta

elettronica tutela.animali@salute.it Un

veterinario del team seguirà il caso e ne sarà

il referente fino ad arrivare, eventualmente,

all’esame della magistratura.

La task force, oltre a rafforzare la collaborazione

tra Ministero e nucleo dei Carabinieri dei Nas,

incrementerà il rapporto con il territorio, offrendo

un importante punto di riferimento a tutti i

cittadini e a coloro che operano nelle

associazioni di volontariato. Sono ancora tante

le situazioni critiche per quanto riguarda i canili

lager, soprattutto nelle regioni del Sud Italia e

nelle isole (con particolare riferimento all'area

del ragusano), a Rieti e Cremona. A queste si

aggiungono i casi scabrosi dei canili di

Campobasso, di Cicerale, nella provincia di

Salerno e, recentemente, l’allevamento degli

orrori di Prarostino, in provincia di Torino, dove

sono stati rinvenuti cani morti chiusi nel freezer.


Si possono avere ulteriori informazioni sul caso

di Prarostino consultando il sito

http://www.amicicani.com/index.php?oper=n

ewsleggi&id=2595


Marinella Robba