sabato 22 dicembre 2012

126 nuove straordinarie specie appena scoperte nel Mekong: sono gia' a rischio estinzione




Un nuovo pipistrello che deve il nome al suo aspetto diabolico, un pesce cieco che vive nel sottosuolo e una rana che canta come un uccello. Sono solo alcune delle 126 specie identificate per la prima volta dagli scienziati nella regione del Mekong nel 2011 e descritte ora nel nuovo dossier WWF "Extra Terrestrial". Ma, appena scoperte, sono già a rischio di estinzione. Oltre alle 10 specie simbolo messe in evidenza nel report, ci sono anche 82 piante, 13 pesci, 21 rettili, 5 anfibi mammiferi. Tutti scoperti nel 2011 nella regione del Mekong del Sud-Est asiatico, che si estende su Cambogia, Laos, Myanmar, Thailandia, Vietnam e nella parte Sud-occidentale della provincia cinese dello Yunnan. 

Tornando alla "top ten", il nome più appropriato va di certo al pipistrello Belzebù dal naso a tubo, una piccola creatura dall'aspetto demoniaco conosciuta solo in Vietnam. Il pipistrello Belzebù, come altri due pipistrelli simili scoperti nel 2011, dipende fortemente dalla foresta tropicale per la sua sopravvivenza ed è particolarmente vulnerabile a causa della deforestazione: in soli quattro anni, il 30% delle foreste del Mekong sono scomparse per sempre.  Così, a essere a rischio è anche una nuova specie di rana, scoperta nelle foreste d'alta quota del Nord del Vietnam, che ha un richiamo così complesso che rende il suo suono più simile a un uccello che a quello di un anfibio. Mentre la maggior parte delle rane maschio attira le femmine con un ripetitivo gracidare, la raganella Quang produce un richiamo nuovo ogni volta. Non ci sono due richiami uguali e ogni individuo mescola clic, fischi e trilli in un ordine originale e unico. La nuova specie di pesce gatto dotato di 'zampe' (Clarias gracilentus) scoperta nelle d'acque dolci sull'isola vietnamita di Phu Quoc, poi, può muoversi via terra con le sue pinne pettorali che gli permettono di rimanere in piedi mentre si muove in avanti con i movimenti di un serpente. E un pesce in miniatura (Boraras naevus) di soli 2 centimetri di lunghezza, è stato trovato nel sud della Thailandia. Prende il nome dalla grande macchia scura sul suo corpo d'orato. Nel fiume Mekong vivono circa 850 specie di pesci e qui c'è la pesca su acque interne più intensa del mondo.
 
Oltre a questa minaccia, la determinazione del Laos a costruire la diga Xayaburi sulla corrente principale del fiume Mekong rischia di minare alle basi la straordinaria biodiversità del Mekong. "Il fiume Mekong ha un livello di biodiversità acquatica secondo solo al Rio delle Amazzoni", ha detto in un comunicato Nick Cox, Responsabile del Greater Mekong's Species Programme del Wwf, aggiungendo che, semmai la diga dovesse essere realizzata, "sarebbe una barriera insormontabile per molte specie di pesci, segnando la fine della fauna selvatica già nota e di quella non ancora identificata".
"Mentre le scoperte del 2011 confermano che il Mekong è una regione straordinariamente ricca di biodiversità, molte di queste nuove specie stanno già lottando per sopravvivere a causa della perdita di habitat", continua Cox, spiegando che "solo investendo nella conservazione della natura, soprattutto delle aree protette, e nello sviluppo delle economie verdi, si potranno proteggere anche queste nuove specie e mantenere viva la speranza di trovare altre specie interessanti negli anni a venire". Come se tutto questo non bastasse, alla lista dei problemi va aggiunto, infine, il bracconaggio, che alimenta il commercio illegale di specie selvatiche. "Per affrontare questa minaccia – conclude il responsabile- , WWF e TRAFFIC (la rete di monitoraggio del commercio della fauna selvatica, creata congiuntamente da IUCN e WWF) ha lanciato quest'anno una campagna globale per aumentare l'applicazione della legge, imporre deterrenti severi e ridurre la domanda di prodotti di specie in pericolo". 

Per scaricare il report clicca qui

 * da greenme.it , 18 dicembre 2012

venerdì 14 dicembre 2012

Animali, obbligatorio per legge fermarsi in caso di investimento



E’ stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n.289 il decreto attuativo del ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti. "La norma ha preso atto del cambiamento del sentire comune sul dovere di prestare soccorso anche agli animali" commentano Gianluca Felicetti, presidente Lav, e Carla Rocchi, presidente nazionale dell’Enpa.

Obbligo di soccorso in caso di investimento degli animali. Prima poteva essere solo una questione di coscienza, ora invece è una legge dello Stato italiano. Chi investe un cane un gatto in strada deve fermarsi per prestare soccorso. Da ieri, infatti, si è rafforzato il cambiamento del codice della strada, che ha fissato – dall’estate 2010 – l’obbligo di fermarsi in caso di incidente con un animale, l’equiparazione dello stato di necessità di trasporto di un animale ferito come per una persona, l’utilizzo di sirena e lampeggiante per ambulanze veterinarie e mezzi di vigilanza zoofila.

E’ stato infatti pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n.289 il decreto attuativo del ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti. “La norma ha preso atto del cambiamento del sentire comune sul dovere di prestare soccorso anche agli animali – commentano Gianluca Felicetti, presidente Lav, e Carla Rocchi, presidente nazionale dell’Enpa -. Le sanzioni irrogate fino ad oggi per le violazioni sono state un esempio positivo per automobilisti e polizie locali. Nel decreto siamo riusciti a far inserire il pieno riconoscimento del privato cittadino che porta per dovere civico un animale incidentato in un ambulatorio veterinario, la necessità di intervento anche ai fini della tutela dell’incolumità pubblica e il pieno riconoscimento dell’attività delle Guardie zoofile. Ora le Regioni e i Comuni devono rafforzare i propri compiti di intervento già previsti da altre normative”. Il decreto ministeriale fissa, fra l’altro, le caratteristiche delle autoambulanze veterinarie, le cui attrezzature specifiche saranno individuate dal ministero della Salute, la certificazione anche successiva dello stato di necessità di intervento sull’animale da parte di un veterinario e gli stati patologici che fanno scattare questo riconoscimento, ossia trauma grave, ferite aperte, emorragie, alterazione e convulsioni. 

da ilfattoquotidiano.it  14 dicembre 2012

martedì 27 novembre 2012

Editoriale di Pelo & Contropelo




di Marinella Robba *

Gentili lettori
in questo numero vorrei proporvi una riflessione. Sono di uso comune espressioni come «l’hanno ucciso come un animale», «neanche gli animali si trattano così», «scrive come un cane», «sudava come un maiale», «hai il cervello di una gallina», «è stato sbattuto in cella come un animale» e tante altre. Tutte espressioni che sottendono e, indirettamente, legittimano l’atteggiamento di superiorità della specie umana rispetto alle altre. E la nostra società ne è così impregnata che non ci facciamo caso. Asserire la superiorità della specie umana sugli altri animali ha il sapore amaro di un dogma e fa comodo: «Dio ha detto che l’uomo deve dominare gli animali», «prima pensiamo alla gente povera», «cosa mangio se elimino la carne?».

Tutte scuse, la verità è un’altra. Gli esseri umani sono abituati a cibarsi di animali e dei loro derivati, ad utilizzare
le loro pelli e pellicce. E chi dalla sofferenza degli animali trae profitto si guarda bene dal renderne note le implicazioni. Anzi, utilizzando l’artificio della pubblicità ingannevole, mostra galline felici razzolanti nell’aia, famiglie in armonia con gli animali da fattoria, mucche ch giocano con i bambini. Tutti inganni. La realtà è ben diversa: gli animali vengono sfruttati da chi produce carne, latte e uova e poi barbaramente macellati quando non servono più. Ma come non menzionare l’ultima trovata pubblicitaria? Il mugnaio Banderas che sfida la gallina Rosita. Terminato il gioco, il mugnaio burlone le permette di riposare su un comodo cuscino. Non solo una pubblicità ingannevole, ma una vera e propria beffa a scapito di chi è consapevole della tremenda sofferenza delle galline ovaiole che, costrette a vivere la loro breve esistenza in gabbie formato A4, impazziscono e diventano cannibali. Per non parlare della tragica sorte dei pulcini maschi triturati vivi per la produzione di mangimi.

Vivisezione, pellicce, circhi, zoo, caccia, pesca, allevamenti, macellazione  e ogni altro tipo di sfruttamento degli
animali hanno un unico comune denominatore: si chiama specismo. Come per il razzismo esistono razze superiori e razze inferiori, così lo specismo considera una specie dominante rispetto alle altre e, pertanto, legittimata ad utilizzarle a proprio “uso e consumo”. Noi esseri umani ci consideriamo più intelligenti degli altri animali e per questo li dominiamo. Ma cosa sappiamo delle loro capacità intellettive? Poco o niente. E’ lecito sopraffare gli esseri umani che hanno limitate facoltà intellettive? Sicuramente no. Persone disabili, bambini e animali utilizzano i sensi come non facciamo più da tempi immemorabili. Un animale avverte prima rispetto ad un essere umano l’imminenza di una catastrofe naturale e, se non è imprigionato, si salva. Abbiamo perso facoltà importanti per la nostra sopravvivenza per lasciare spazio alla razionalità. Allora chi è veramente limitato? Pochi, infatti, sanno che la bistecca ed il trancio di pesce quando erano in vita avevano
carattere, personalità e socialità proprie, come tutti gli altri animali, inclusi noi. I maiali, ad esempio, al contrario di cosa si pensa comunemente, sono molto puliti, non fanno mai i bisogni nella zona in cui mangiano e dormono. Studiosi del comportamento animale hanno dimostrato che le pecore sono intelligenti: ricordano volti ed eventi per anni. I pesci sono sensibili, hanno personalità e provano dolore quando vengono feriti. Le mucche sono le madri più protettive che esistano in natura e le galline comunicano con i piccoli non ancora nati, che rispondono pigolando dall’interno dell’uovo. Ma il bieco ingranaggio commerciale li considera solo beni di consumo. Le mucche da latte, immobilizzate per tanto tempo negli allevamenti intensivi, hanno zampe piccole e ossa molli che le rendono incapaci di muoversi autonomamente.

Noi possiamo accettare passivamente tutto questo o rifiutarlo perché, come affermava Ralph Nader, storico fondatore del movimento consumerista statunitense: «il consumatore vota ogni volta che va a fare la spesa». Possiamo decidere di non farci prendere in giro dalle pubblicità. Scegliere prodotti senza condizionamenti e secondo coscienza, decidendo di “votare” a favore di un tipo di commercio etico, cruelty-free.

* da Pelo & Contropelo , periodico animalista - anno 3 n.2 


mercoledì 7 novembre 2012

La COOP comunica che cesserà la vendita di foie gras



La COOP, prima catena di distribuzione in Italia, ha comunicato di cessare la vendita di foie gras sospendendo gli ordini ed andando fino ad esaurimento delle scorte presenti nei magazzini.

La COOP è la prima catena di distribuzione in Italia a cessare la vendita di foie gras. La recente nostra ultima investigazione sotto copertura realizzata all'interno degli allevamenti di foie gras in Spagna e Francia, ha portato alla luce la terribile vita a cui sono destinate le oche e le anatre allevate per la produzione del 'fegato grasso'.
In Italia la produzione di foie gras è stata vietata nel 2007 tramite un decreto legislativo che ha definito la pratica dell'alimentazione forzata con il termine 'tortura'. Tuttavia, la distribuzione è ancora permessa nel nostro paese, dando luogo ad una pesante contraddizione.

Per questo motivo è stata lanciata, a seguito dell'investigazione, una campagna di protesta per chiedere a diverse catene di supermercati (Auchan, Bennet, Conad, Esselunga, Sma, Super Elite) di rivedere le scelte aziendali in merito alla distribuzione di 'foie gras' sul territorio nazionale, fornendo dichiarazioni pubbliche ed ufficiali che annuncino la cessazione immediata della vendita di un prodotto ottenuto con così tanta violenza sugli animali.

La COOP, con i suoi 1470 punti vendita e circa 7 milioni di consumatori, ha fatto una scelta importante che speriamo possa essere d'ispirazione anche per le altre grandi distrbuzioni.
In Europa il 'fegato grasso' è ancora prodotto legalmente solo in 5 paesi: Francia, Bulgaria, Spagna, Ungheria e Belgio. La Francia è il maggior produttore ed esportatore, ogni anno sono infatti prodotte oltre 800.000 tonnellate; circa 700.000 oche e 37 milioni di anatre vengono macellate per questo.

Puoi fermare l'atrocità della produzione del foie gras, scegliendo ovviamente di non consumarlo, scegliendo una dieta priva di prodotti di origine animali, partecipando alla nostra campagna di protesta in Italia e firmando la nostra petizione indirizzata alla Commissione Europea, per chiedere che la produzione e la vendita di foie gras sia vietata in tutti i paesi dell'UE.
Fai la differenza per milioni di animali, attivati per salvarli.


 da    www.animalequality.it  , 1 novembre 2012