di Alessandro Graziadei *
Nell’Insostenibile leggerezza dell’essere lo
scrittore ceco Milan Kundera scrive una frase di fondamentale importanza per
capire l’animo umano: “La vera bontà dell’uomo si può manifestare in tutta
purezza e libertà solo nei confronti di chi non rappresenta alcuna forza.
Il vero esame morale dell’umanità, l’esame fondamentale (posto così in
profondità da sfuggire al nostro sguardo) è il suo rapporto con coloro che sono alla sua mercé: gli animali.
E qui sta il fondamentale fallimento
dell’uomo, tanto fondamentale che da esso
derivano tutti gli altri”. Forse
anche per questo contro il decreto legislativo che depenalizza i cosiddetti
reati minori, fra cui quelli contro i diritti animali, varato dal Governo nelle scorse settimane,
le associazioni animaliste si sono dette pronte a dare battaglia anche in
Parlamento.
È quanto hanno dichiarato a Milano il 14 dicembre i
rappresentanti delle 34 associazioni riunite nella Federazione Italiana Associazioni Diritti Animali e Ambiente,
l’organizzazione che mette in rete le principali realtà attive nella tutela dei
diritti e del benessere degli animali (a cominciare delle cinque fondatrici: Lav, Enpa,
Oipa, Lega del cane e Lega
Italiana Difesa Animali e Ambiente) intervenute assieme al movimento La coscienza degli animali alla
presentazione del manifesto “Animali e ambiente: dal cuore alla Costituzione”.
Il manifesto rappresenta lo spunto più completo per una proposta di legge che
vuole rivedere l’articolo 9 della nostra Costituzione, inserendo la tutela
dell’ambiente, degli ecosistemi e di tutte le specie animali laddove oggi è
tutelato solo il paesaggio, concetto soggettivo e decisamente meno comprensivo.
Il movimento nato dalla volontà di Michela Vittoria Brambilla e Umberto Veronesi di dare voce a chi voce non ha e contribuire in
maniera significativa alla creazione di una nuova cultura di rispetto dei
diritti animali ha rivendicato
proprio l’urgenza “di accogliere, tra i beni e i valori tutelati dai principi
fondamentali della nostra Costituzione, l’ambiente, gli ecosistemi e gli
animali in quanto esseri senzienti, capaci cioè di provare piacere e
dolore e come tali degni non solo di rispetto, ma anche di una diversa
considerazione giuridica”. Di questa evoluzione hanno già preso atto, almeno in
parte, l’Unione europea con il Trattato
di Lisbona e numerose Costituzioni come quelle di Germania, Austria e
Svizzera. Di qui la richiesta, rivolta al Parlamento, di aggiornare anche su
questo punto la nostra Carta costituzionale e di non peggiorare l’attuale
legislazione con un decreto giudicato altamente inopportuno. “È molto
pericoloso quanto ho letto nella bozza di questo decreto - ha spiegato la
Brambilla – e sicuramente daremo battaglia. Non si può con un colpo di spugna
cancellare i reati considerati meno gravi, perché questo vorrebbe dire che tutte le conquiste per punire il
maltrattamento verso gli animali, come il traffico di cuccioli, i combattimenti
e tutti i reati a danno dei nostri piccoli amici, verrebbero d’un tratto
stracciati”.
Per gli animalisti italiani questa sembra essere la madre di
tutte le battaglie. “Crediamo che vi siano le condizioni politiche e culturali
per cambiare prospettiva e adottare una
soluzione più moderna nel definire lo status giuridico degli animali:
all’alba del XXI secolo non possono essere ancora considerati cose” hanno
spiegato gli animalisti. Una delle conseguenze più drammatiche di questo vuoto
legislativo è per l’Enpa l’importazione e la commercializzazione illegale di
cuccioli di razza, reato spesso legato al maltrattamento di animali, frode in
commercio e falsificazione di passaporti canini. Uno spaccato drammatico del mondo che si cela dietro questo mercato è
stato recentemente fornito da un'inchiesta giornalistica realizzata dalla Televisione della Svizzera italiana (RSI), che si è avvalsa della collaborazione di Ermanno Giudici, presidente proprio
dell’Enpa di Milano e Capo del Nucleo delle Guardie Zoofile del capoluogo
lombardo per smascherare una rete di trafficanti
dell’est Europa che nei paesi di origine si collocano su più livelli di
malaffare.
Si tratta per lo più di persone che sfruttano allevamenti
fai da te e si avvalgono di intermediari-trasportatori che fanno da punto di
contatto tra le tante case dove si allevano i cani e alcuni distributori senza
scrupoli in Italia, Francia, Spagna e Germania dove i
cuccioli sono spesso commercializzati sotto i limiti di età che invece
richiederebbe la legge. Cuccioli
piccoli, per far presa sull’acquirente, ma anche per ridurre i costi di
mantenimento degli animali, che vengono spediti appena possono essere
minimamente autonomi, senza vaccini e rischiando di morire già durante il
viaggio. Grazie all’uso di telecamere nascoste, gli inviati della RSI
hanno potuto documentare tutti gli incontri avuti con i venditori e registrare
le loro dichiarazioni. Le prove non sono utilizzabili per un processo in
Italia, ma sono un’utile indicazione per alcune delle tesi investigative che da
tempo circolano nell’ambiente delle forze di polizia che contrastano il
fenomeno: i passaporti, cioè, potrebbero essere contraffatti sulla data di
nascita del cane oltre che sulla reale esecuzione del vaccino contro la rabbia,
obbligatorio per direttiva europea. Le conseguenze? Molti svizzeri che avevano
comprato il cagnolino appena oltre frontiera, in Italia, sono dovuti incorrere
in ingenti spese veterinarie, per non parlare della frequente morte
dell’animale. Intanto, anche per quest’anno, i “regali di Natale provenienti
dall’Europa dell’est sono arrivati” ha ricordato l’Enpa, che lancia un invito: “Chi desidera un cane si dedichi
veramente ad una buona azione, adottando uno dei tanti trovatelli ospiti dei
rifugi”.
Per la Federazione Italiana Associazioni Diritti Animali e
Ambiente occorre contrastare questi traffici e per farlo c’è
l’urgente bisogno di fermare questa depenalizzazione, mentre aspettiamo un
adeguamento della nostra Costituzione. Perché se come suggeriva Kundera è possibile scoprire molto dalle persone e
forse anche dei Governi proprio cominciando da come trattano i più deboli (quelli
che “non rappresentano alcuna forza”) allora dovremmo seriamente preoccuparci
di come stiamo legiferando, o meglio non legiferando, per tutelare i primi e
più ovvi candidati a questo status: gli animali, purtroppo seguiti, come logica
conseguenza, da molte altre categorie e generi di esseri umani, ancora
tristemente indifesi !
* da unimondo.org, 23 Dicembre 2014
Nessun commento:
Posta un commento