venerdì 27 maggio 2011

Togliamo la terra ai cacciatori

Nella stagione di caccia 2010/2011 ci sono state 100 vittime, 25 morti e 75 feriti. La maggior parte in Toscana, Sardegna, Lombardia e Veneto. In complesso è andata bene se si considera che l'Italia si trasforma per mesi in un poligono di tiro. Un bosco è più pericoloso delle zone di guerra dell'Afghanistan. Durante le passeggiate autunnali il canto degli uccelli è sostituito dai rimbombi dei fucili. Se non corri, diventi tu il cinghiale, la lepre, il cerbiatto. E neppure nelle mura di casa tua sei al sicuro.

La nostra casa si trova in una zona frequentata dai cacciatori a Ceglie. A volte capita di avvertire delle schioppettate anche quando la caccia è chiusa. Avviene che i cacciatori sparino da una distanza di 10-15 metri da casa mia. Una mattina, nel mese di gennaio, alle prime luci dell’alba, mentre dormivamo siamo stati svegliati di soprassalto da un boato di vetri che andavano in frantumi. Una scarica di pallini aveva colpito la finestra della stanza da letto dove dormono i miei figli di 15,11 e 5 anni infrangendo i vetri". (12/9/2010)
"Una donna a Bellaguarda di Viadana (Mantova) è stata raggiunta dai pallini sparati da un cacciatore che mirava a una lepre mentre accompagnava a scuola i figli di 8 e 13 anni. I due bambini sono rimasti illesi mentre la donna è rimasta leggermente ferita ad una coscia. La paura è stata grande visto che una rosa di pallini si è conficcata sulla porta di casa, sfiorandoli." (22/9/2010)
"Erano le 12.30 quando uno sparo ha rovinato la domenica ad una famiglia residente a Roana (foto). Il colpo ha forato la porta di ingresso della villetta a due piani, conficcandosi nella parete opposta alla porta, e precisamente sopra il tavolo dove stava pranzando la figlia della coppia al primo piano". (13/10/2010)

"
Una ragazzina è stata ferita di striscio al volto da una fucilata sparata da un cacciatore a Rocchetta Palafea nella langa astigiana. Quando è accaduto, la dodicenne stava giocando nel cortile di casa." (11/10/2010)

Rischi la vita anche sulle
strade e autostrade, in macchina o in bicicletta.
"Sull'autostrada A5 tra Quincinetto ed Ivrea un'automobile che procedeva verso Torino è stata centrata da un proiettile sparato da un gruppo di cacciatori in cerca di cinghiali. Il proiettile ha sfondato il lunotto della vettura, su cui viaggiavano un uomo di 31 anni di Verrès ed il figlio, e si è conficcato nel baule posteriore...." (20/12/2010)
"Stavano pedalando in sella alle loro biciclette, quando sono rimasti feriti dai pallini esplosi da un cacciatore la cui identità resta ancora un mistero. È accaduto nella frazione Jano di Scandiano, in provincia di Reggio Emilia, a due cicloamatori di 58 e 54 anni, scambiati per selvaggina durante una tranquilla scampagnata domenicale. Il primo è stato colpito a un gluteo, mentre il secondo al lobo dell'orecchio destro: subito trasportati presso l’ospedale di Scandiano." (27/9/2010) (*)

Se la caccia non si può (per ora) proibire, si possono però limitare le sparatorie
a ridosso delle abitazioni e delle strade. Per farlo va rivisto l'articolo 842 del Codice Civile, introdotto durante il fascismo, che permette l'esercizio della caccia in fondi privati (**). Un articolo incostituzionale che rappresenta una violazione del principio di uguaglianza dei cittadini davanti alla legge (art.3) e devono rivedere il diritto alla proprietà privata (art.42). I miei legali stanno verificando come procedere.

(*) Le informazioni sono tratte dal sito: http://www.vittimedellacaccia.org/
(**) I cacciatori non possono accedere ai fondi solo se recintati per tutto il loro perimetro per un'altezza uguale o superiore a 1,20 metri.

( dal blog di Beppe Grillo )

mercoledì 25 maggio 2011

Malta: strage di uccelli


Il grande stormo di cicogne bianche di Malta

"Era il più grande stormo di cicogne bianche mai osservato nel centro del Mediterraneo. Uno spettacolo meraviglioso, ma le cose belle durano poco se capitano in una delle isole del Mediterraneo avvilite dal bracconaggio, ed ancor di più se questo posto si chiama Malta. Le cicogne sono state subito accolte da numerosi colpi di fucile. Almeno sei sono cadute sotto gli occhi dei volontari di Birdlife Malta ed una settima è stata recuperata ancora viva. Almeno altre due sono state osservate in volo con le zampe spezzate dalla rosa dei pallini. Non è stato possibile osservare dove sono andate a posarsi o se sono cadute in mare. La situazione è andata sempre più peggiorando nelle ore successive... numerosi colpi di fucile sono stati uditi di notte nei pressi dell'aeroporto di Malta, dove gli animali si erano posati. Non è stato possibile verificare, in questo caso, quante ne erano state abbattute.

Il Times of Malta ha pubblicato un racconto drammatico di una residente. Non ha avuto neanche il tempo di capire che sopra la sua casa era appena arrivato il meraviglioso stormo. Uno stridio di freni di un'automobile e subito l'attività di fucileria. Assieme alla madre ha assistito alla strage. I colpi erano così frequenti che sembravano quelli di una mitragliatrice... Una cicogna è andata a morire nel loro giardino. Cartucce in almeno tre diversi punti e sangue ovunque. Sulle piante, sul tetto della macchina, sulla strada e sui muri. I bracconieri seguivano le cicogne stremate dalla migrazione.mentre cercavano di posarsi per ristorarsi su Malta. Secondo BirdLife Malta a GeaPress molti di questi animali finiranno impagliati. Secondo Andrea Rutigliano, volontario italiano del CABS (Committee Against Bird Slaughter) che ha partecipato ai campi antibracconaggio di Malta, finita la caccia primaverile a tortore e quaglie (incredibilmente autorizzata dal Governo maltese) inizia quella ai limicoli (piccoli uccelli di ripa) e per gli impagliatori. Un numero enorme di cacciatori, oltre 10.000 (la densità più alta al mondo) ed un bracconaggio molto diffuso e dai toni arroganti, visto che spesso hanno dato vita a vere e proprie aggressioni contro i volontari. Una caccia ufficiale che consente di sparare in primavera, autorizza la cattura degli uccelli e consente di uccidere da veloci motoscafi. A Malta, con oltre diecimila doppiette ufficiali, le lobby venatorie hanno un rilevante peso politico. I due schieramenti, quello di governo (partito nazionalista) e di opposizione (socialisti) differiscono di un solo deputato." da www.vittimedellacaccia.org

Firma la petizione al Primo Ministro e al Ministro del Turismo maltesi contro la caccia primaverile e la strage degli uccelli migratori

martedì 24 maggio 2011

L’ALLEVAMENTO DI BEAGLE “GREEN HILL”


Un’amara realtà tra le dolci colline di Montichiari

di Marinella Robba *

MONTICHIARI (Brescia) - Proprio non se lo aspettavano i cittadini di Montichiari di vedere sfilare una moltitudine di persone per le strade della loro città. Per ben due volte i riflettori si sono accesi su questa tranquilla cittadina del bresciano. Il 24 aprile scorso, infatti, migliaia di persone provenienti da tutta Italia si sono date appuntamento in piazza del Municipio e hanno manifestato per le vie della città. E la protesta è stata replicata il 22 maggio con un presidio davanti ai cancelli di Green Hill 2001 s.r.l.: uno dei più grandi allevamenti d’Europa di cani beagle da laboratorio. Persone di tutte le età, associazioni, famiglie, gruppi di amici, tutti insieme pacificamente per dire no a Green Hill e alla vivisezione. Sicuramente dopo che l’allevamento di beagle Morini di San Polo d’Enza (Reggio Emilia) ha chiuso i battenti in seguito alle tenaci proteste dei movimenti animalisti, Green Hill ha visto aumentare in proprio giro d’affari. Al punto da chiedere al Comune di Montichiari l’autorizzazione per la costruzione di nuove strutture. Autorizzazione che è stata negata per motivi connessi al vincolo ambientale. “L’amministrazione comunale si è dimostrata all’avanguardia – afferma Jlenia Volpedo, attivista animalista di Ivrea che gestisce una casa-famiglia per il recupero di animali provenienti dai laboratori di vivisezione – sia perché vietando l’ampliamento dell’allevamento ha dimostrato attenzione alla tutela dell’ambiente e sia perché ci ha permesso di manifestare per le strade della città. Proprio per questa ragione i movimenti animalisti hanno presentato una petizione per chiedere la chiusura dell’allevamento e la cessione a titolo gratuito dei cani ad associazioni di volontariato o, in alternativa, la sua conversione in allevamento di cani non destinati ai laboratori”.

I gruppi animalisti hanno, inoltre, organizzato altre azioni di protesta conseguendo importanti risultati come spiega Jlenia Volpedo: “grazie alle richieste inviate da tutta Italia gli aeroporti di Montichiari e di Verona hanno deciso di non imbarcare più animali destinati ai laboratori di vivisezione”. “Recentemente – continua Jlenia Volpedo - anche la compagnia aerea Lufthansa ha adottato una decisione di questo genere, ma limitando il divieto al trasporto di cani e gatti. La decisione adottata dagli aeroporti di Montichiari e di Verona è molto importante perché prescinde dalle compagnie aeree e dal genere di animale trasportato. Si tratta quindi di un divieto assoluto”.

A tutte queste azioni si aggiunge, inoltre, il presidio davanti all’ASL di Milano tenutosi il 10 giugno. I promotori di questa manifestazione ritengono che, indipendentemente dal fine a cui siano destinati i cani, Green Hill sia in tutto e per tutto un allevamento di cani. Pertanto, dovrebbe essere soggetto alle stesse regole di tutela degli animali d’affezione previste dalla legge regionale della Lombardia per tutti gli altri allevamenti. Norma che, secondo i gruppi animalisti, nella fattispecie verrebbe ampiamente disattesa.

Una cosa è certa: Green Hill è avvolta dal mistero. Sebbene sia attiva da alcuni anni, in pochi ne hanno sentito parlare. Praticamente è impossibile reperire informazioni sul numero di cani, sulle modalità di allevamento, sui laboratori a cui vengono inviati e sui finanziatori. Non esiste un sito, un indirizzo e-mail, un numero di fax.

Pochi sanno cosa accade all’interno degli allevamenti di animali destinati alla vivisezione, ma a tutti è chiaro che questi cani nella loro vita vedono solo gabbie e tavoli operatori. I beagle sono tristemente predestinati alla vivisezione, perché ritenuti particolarmente adatti per il loro carattere mansueto. Per questa ragione vengono fatti riprodurre, allevati e letteralmente spediti ai laboratori farmaceutici, universitari, privati e militari di tutto il mondo. In questi laboratori vengono sottoposti ad esperimenti di tossicologia, costretti ad inalare o ingerire sostanze fino agli spasmi e alla morte, ad operazioni dolorose e cruente, a fratture per studiarne la calcificazione ossea. Vengono usati, sezionati, uccisi e poi gettati via.

Sono ancora in pochi a conoscere questa terribile verità e tutto il giro di affari che ruota attorno alla vivisezione, allevamenti inclusi. Probabilmente i cittadini di Montichiari solo dal 24 aprile si sono resi conto di “ospitare” tra le dolci colline della loro terra una realtà tanto amara.

* tratto da Pelo&Contropelo n. 1/2010

Per scaricare gratuitamente il giornale: www.lacincia.it/docs/pelo_contropelo_20100701.pdf

LINK INTERESSANTI

Si può partecipare alle campagne contro l’allevamento Green Hill di Montichiari (BS) inviando la lettera di protesta pubblicata su: www.fermaregreenhill.net/wp/?p=536

Si può firmare la petizione contro Harlan, che possiede due allevamenti, uno a San Pietro al Natisone (UD) e l'altro a Correzzana (MI), oltre ad un laboratorio a Bresso (MI) al seguente link:

www.firmiamo.it/fermiamo-harlan--fermiamo-la-vivisezione-

E’ possibile visionare fotografie del destino dei cani di Green Hill al seguente link: www.shac.net/HLS/photos.html#photos/2008b.jpg

Per informazioni sulla campagna contro Green Hill si possono consultare i seguenti siti:

www.fermaregreenhill.net/wp/

www.youtube.com/watch?v=4AM_w5SmtjM

Per informazioni sulla vivisezione e sui metodi alternativi alla sperimentazione animale si possono consultare:

www.infolav.org/index.php?id=19 LAV (Lega Anti Vivisezione)

www.oipaitalia.com/vivisezione.html OIPA Italia Onlus (Organizzazione Internazionale Protezione Animali)

www.limav.org/vivisezione.html LIMAV (Lega Internazionale Medici per l’Abolizione della Vivisezione)

Per conoscere le associazioni che finanziano la ricerca senza animali:

www.novivisezione.org/campagne/ricerca_di_base.htm

giovedì 19 maggio 2011

In Germania il primo supermarket Vegan d' Europa


di Tamara Mastroiaco *

Alla fine di febbraio, a Dortmund, è stato aperto il primo - e unico - supermarket vegano d'Europa. Nello spazio di 90 metri quadrati non vi troviamo i comuni prodotti che potremmo trovare in un qualsiasi supermercato. Sono banditi tutti quelli di origine animale, derivanti dalla morte diretta o indiretta degli stessi e tutti i prodotti testati. Chi sono i consumatori dei prodotti vegan e quali sono le motivazioni che li spingono ad abbracciare questo stile di vita.

I proprietari di questo singolare supermarket, che è stato aperto nel cuore della città di Dortmund, sono i coniugi Kim e Ralf Kalkowski, i quali hanno deciso di passare da un negozio virtuale Vegan Wonderland a un vero e proprio negozio battezzato Vegilicious. Su consiglio dei consumatori, che nello shop on line potevano trovare ben 1800 prodotti, la coppia di gestori si è lanciata, creando il primo supermercato vegano d'Europa.

Sopra gli scaffali possiamo trovare circa 1.600 prodotti, tutti esclusivamente non di origine animale; quindi sono assolutamente banditi carne, pesce, uova, formaggi, miele e latte ma anche prodotti che non siano totalmente cruelty free e testati su gli animali. A servire la eterogenea clientela ci sono ben 16 dipendenti, perché l'industria vegana è in espansione.

Secondo la Vegane Gesellschaft - un'associazione che principalmente si occupa di fare informazione e orientare le persone verso il veganismo - in Germania ci sono almeno 600 mila vegani e il numero aumenta notevolmente di anno in anno anche a causa del crescente numero di persone allergiche ad alcuni alimenti. La clientela è diversificata e tra le persone che decidono di non consumare più prodotti di origine animale troviamo chi fa questa scelta per motivi etici, chi per motivi sociali, ambientali o salutistici. Coloro che sono spinti da motivi etici in realtà sono coloro che hanno abbracciato lo stile di vita vegan in todo.

Il vegano è colui che esclude dalla propria alimentazione gli alimenti che possono contenere derivati animali e tutti quei prodotti che comportano l'uccisione o lo sfruttamento degli animali stessi; il vegano non indossa una pelliccia, un paio di scarpe in pelle, non compra un indumento di lana o seta, non usa per la cura e la bellezza del proprio corpo prodotti testati sugli animali o pulisce la propria casa con prodotti chimici. Dal supermercato Vegilicious sono banditi tutti i prodotti di origine animale, derivanti dalla morte diretta o indiretta degli stessi e tutti i prodotti testati

Il make up che acquistiamo e utilizziamo per sentirci più attraenti o l'ultimo prodotto sgrassante per il lavello ad esempio, se testato, ha sfigurato, deformato, accecato, ucciso milioni di animali nei laboratori. Il collo di pelliccia che indossiamo con molto orgoglio e per il quale siamo disposti a pagare cifre notevoli non è altro che un furto e un sopruso che l'uomo commette nei confronti del povero animale al quale abbiamo derubato la sua pelle o la sua pelliccia.

Chi fa questa determinata scelta non è colui/colei che rinuncia alla propria vanità o alla propria cura del corpo. Solo che si impegna profondamente a trovare soluzioni alternative magari girando diverse erboristerie per trovare il prodotto non testato o andando a cercare abiti creati con materiali differenti, ma non per questo scadenti. Stesso discorso vale per l’alimentazione. …

Colui che ha modificato il proprio modo di mangiare, non per amore per gli animali ma perché attento al notevole dispendio di risorse sottratte alla terra (acqua, terreni, energia) e preoccupato di tutte le sostanze inquinanti emesse (pesticidi, gas serra, deiezioni, sostanze chimiche) ha capito che diminuendo drasticamente il consumo di carne, uova e latte, contribuisce a proteggere l'ambiente.

I ricercatori della Carnagie Mellon University pubblicarono circa tre anni fa sulla rivista Environmental Science and Technology un articolo nel quale sostenevano che il consumo di carne è il primo fattore che influisce sull'ambiente e sul clima in particolare. Gli altri due fattori sono l'energia che utilizziamo nelle nostre case e i trasporti. Le persone che decidono di aumentare il consumo di proteine vegetali a discapito di quelle animali sono coloro che credono profondamente che un cambiamento alimentare possa contribuire sensibilmente ad evitare un disastro ambientale risolvendo in buona parte il problema del riscaldamento globale.
In Germania ci sono almeno 600 mila vegani e il numero aumenta notevolmente di anno in annoNel 2006, la Fao presentò una relazione Livestock's long shadow nella quale asserì che il bestiame è responsabile di alte emissioni di gas serra: il 35-40% delle emissioni di metano e il 65% di ossido di azoto (che è 300 volte più dannoso del CO2 per il riscaldamento globale).

Altri si avvicinano al veganismo perché sperano che, modificando le proprie abitudini di vita, possano prevenire una malattia terribile come il cancro. La medicina sembra progredire continuamente, ma il tasso complessivo di morte a causa di tumori è in forte crescita. È stimato che il 32% di tutti i tumori sono da ricondurre all'alimentazione; è ufficiale che l'incidenza del cancro alla mammella, alla prostata e al colon è elevata nelle diete ricche di grassi e povere di fibre.

Non vanno altrettanto sottovalutati, anche se per il momento non si hanno dati certi, anche i prodotti chimici presenti nel cibo (additivi, pesticidi, aromatizzanti, conservanti). I giovani oggigiorno fanno abuso di alcool, fumo e cibi spazzatura. Siamo circondati da diversi veleni: pesticidi, solventi, coloranti etc. e oramai è accertato che ci sono connessioni tra cancro e sostanze chimiche tossiche.

C'è infine chi si avvicina al veganismo perché coinvolto socialmente; non vuole assolutamente sentirsi ancora complice di disuguaglianze sociali e colpevole di tanta sofferenza inflitta ai paesi poveri. Le persone continuano a morire di fame perché le terre ancora fertili presenti vengono coltivate non per sfamare le popolazioni ma per nutrire gli animali e creare cibo per le nazioni industrializzate ossia il loro cibo diventa il cibo per i 'nostri animali'.

Come sostiene l'economista Frances Moore Lappé "il cibo c'è. Quel che manca è la democrazia". Lei sostiene che di cibo ce n'è in abbondanza ma non c'è democrazia che potrebbe rendere quel cibo accessibile a tutti. Oramai il mondo è dominato da persone individualiste, egoiste e in continua competizione l'una con l'altra. Il potere toglie i diritti e abbrutisce l'uomo, riesce a tirargli fuori i lati peggiori. Continuamente sentiamo dire che non c'è abbastanza cibo per tutti e per questo motivo ci sono ancora interi paesi che soffrono la fame...
La realtà è che noi occidentali non solo sprechiamo tanto cibo ma lo togliamo persino ai paesi del terzo mondo solo per
sfamare i nostri animali che poi si trasformeranno in carne, formaggio, latte e uova. Ma quanto cibo vegetale serve per far crescere di 1 Kg un'animale? Circa 13 kg di mangime per un vitello, 11 per un vitellone, 24 per un agnello, 3 per un pollo. Rubiamo cibo a esseri umani bisognosi per sfamare i nostri animali destinati al macello!

La Commissione Europea afferma che l'Europa è in grado di sfamare tutta la sua popolazione ma non tutti i suoi animali d'allevamento. Infatti il 20% delle proteine vegetali proviene dai nostri paesi mentre la restante parte viene importata dai paesi del sud del mondo. Non facciamo altro che sfruttare le loro risorse impoverendoli ulteriormente!....

Chissà che questo negozio non faccia da apripista e sia il precursore di una serie di supermarket all'insegna dell'etica e del mangiar sano!

* da www.ilcambiamento.it 28 marzo2011

mercoledì 18 maggio 2011

Sboccia in Svizzera il fiore gigante

Un Arum titano, chiamato anche il "Pene del titano" e considerato uno dei fiori più grandi del mondo, è sbocciato la scorsa notte nel giardino botanico di Basilea, in Svizzera. Il fiore è composto da un pistillo lungo circa due metri e da una corona di colore viola: ha cominciato a schiudersi ieri sera verso le 22. Questa pianta tropicale cresce solitamente nella foreste di Sumatra in Indonesia e misura fra un metro e mezzo e tre metri, secondo il giardino botanico di Basilea dove sono accorse migliaia di persone per assistere a questo raro evento.

L'"amorphophallus titanum" è noto per le sue dimensioni eccezionali ma anche per il suo odore di carogna. Una volta schiuso, il fiore emana in effetti un sentore di cadavere per attirare gli insetti che la impollinano. E per essere sicuro che questi ultimi lo trovano, la pianta riscalda il suo pistillo di nove gradi. Inoltre, al fine di avviare la sua prima fioritura, il tubercolo della pianta deve pesare circa venti chili. Così, in Svizzera, il tubercolo ha avuto bisogno di 17 anni per raggiungere questo peso. Ma una volta schiuso, il fiore appassisce in alcuni giorni, talvolta anche in una sola notte, avvertono i botanici elvetici. Il tubercolo, non muore tuttavia, e da anche un nuovo fiore tre anni dopo la sua prima fioritura.

La pianta ama gli ambienti umidi e le temperature che vanno dai 23 ai 33 gradi celsius. Gli scienziati ritengono che la pianta sia minacciata: ne esistono 134 esemplari nei giardini botanici di diversi paesi.

Repubblica online 17 maggio2011

Bali, scoperte otto nuove specie di pesci


Otto nuove specie di pesci, più una di coralli, sono "saltate fuori" a Bali durante una spedizione di quindici giorni guidata dall'Ong Conservation International.

(da Repubblica online)

La scoperta, sp
iegano gli esperti, è il segno del successo degli sforzi per preservare la barriera corallina che era stata quasi distrutta negli anni '90. Fra le nuove specie trovate ci sono due tipi di pesci cardinale, due Pseudochromidi, un nuovo Gobi e un corallo 'a bolle'. I nuovi arrivati vanno ad aggiungersi ai 953 pesci e 397 coralli già censiti nelle 25 zone ora protette: "Siamo rimasti impressionati da cosa abbiamo visto - spiega Mark Erdmann, uno scienziato dell'Ong - c'è una grande varietà di habitat e la barriera corallina sembra essere in recupero dopo i problemi dovuti alla pesca e all'inquinamento negli anni '90". La spedizione ha però trovato anche alcune ombre nell'ecosistema balinese: "I grandi predatori sono ancora molto rari - spiegano gli esperti - la plastica è ovunque e abbiamo notato diversi pescatori anche nelle aree vietate"

Bali è un'isola dell'Indonesia, con una superficie di 5.561 km² e una popolazione di 3.151.000 abitanti (2005). Fa parte dell'arcipelago delle Isole della Sonda minori ed è separata dall'isola di Giava dallo stretto di Bali. Amministrativamente è una provincia dell'Indonesia

lunedì 16 maggio 2011

Indonesia: la APRIL distrugge l'habitat della tigre

Un'impresa forestale che rifornisce di legname il gigante cartario indonesiano APRIL abbatte una foresta protetta a Sumatra. Un'indagine di Eyes on the Forest, una coalizione di associazioni ambientaliste indoensiane, pubblica le prove in un rapporto. L'impresa PT Riau Andalan Pulp and Paper (Rapp), importante fornitore di legname dell'Asia Pacific Resources International Holdings Limited (APRIL), ha raso al suolo un essenziale corridoio faunistico a Riau, nell'isola di Sumatra. Secondo il rapporto, l'impresa si è assicurata il diritto di deforestare aree di grande importanza ambientale, appena in tempo prima dell'entrata in vigore della moratorio concordata con la Norvegia (e pagata un miliardo di dollari). Nel 2005, la APRIL si era impegnata a preservare le foreste di alto valore ambientale, ma l'impegno è rimasto sulla carta.


Tronchi provenienti dall'abbattimento a raso di foreste pluviali, da parte della PT RAPP nell'area di Logas Selatan (Sei Tasem), Immagine ripresa da Eyes on the Forest, in nell'agosto 2010. Coordinate GPS: S 0°20'16.05 E 101°13'33.83

"L'area di Bukit Batabuh è habitat essenziale della tigre di Sumatra tiger (Panthera tigris sumatrae) in Riau, ed è un essenziale corridoio faunistico tra il parco di Bukit Tigapuluh e quello di Bukit Rimbang Baling - spiega il rapporto di Eyes on the Forest (EoF) - "Il Bukit Batabuh è classificato come area protetta dal 1994, e nessuna impresa può sfruttare legalmente queste foreste."
"EoF chiede alla APRIL di fermare immeriatamente il taglio a raso della foresta naturale della zona e sottolinea l'importanza di valutare la priorità di conservazione con le parti interessate, prima di iniziare ad abbattere aree di foresta tropicale."

Non è la prima volta che Rapp e APRIL sono state colte da associazioni ambientaliste a deforestare aree di grande valore. L'impresa è anche nota per l'occupazione delle terre altrui: nel 2009 le associazioni locali ha avvertito che RAPP convertiva in piantagioni le terre delle comunità locali in Kepulauan Meranti, nelle isole a nord di Sumatra Kampar Peninula. Nel dicembre del 2009, quasi 30.000 abitanti dell'area hanno firmato una petizione che chiede al governo di revocare la licenza. L'impresa non ha mantenuto la promessa di eliminare gradualmente dal suo prodotto le fibre provenienti dalle foreste naturali e l'anno scorso ha perso la certificazione FSC.

L'industria della cellulosa e della carta sono tra i principli attori della rapida scomarsa delle foreste pluviali di Sumatra. Eyes on the Forest stima che le piantagioni di pasta di legno abbiano preso il posto di oltre un milione di ettari di foreste e torbiere dell'isola. Il "Sumatra 'Mega Pulp Project' è un disastro climatico di gran lunga peggiore del fallito Mega Rice Project," spiega un rapporto pubblicato da Eyes on the Forest lo scorso novembre, riferendosi al progetto di 900 mila ettari in Kalimantan centrale durante il 1990.

La APRIL utilizza cellulosa per fabbricare carta, come le risme da fotocopie PaperOne. La APRIL ha recentemente dichiarato che investirà 4,6 miliardi dollari per ampliare i suoi impianti di produzione cartaria in Cina. Ai danni delle restanti foreste indonesiane.

da www.salvaleforeste.it 11 maggio 2011

venerdì 6 maggio 2011

Gli squali valgono più da vivi che da morti

Lo shark tourism ricchezza di Palau

L'Australian institute of marine science ha realizzato uno studio sullo shark tourism, il turismo degli squali, nell'arcipelago di Palau, nell'Oceano Pacifico, ed ha scoperto che è diventata una vera e propria eco-industria che porta ogni anno 18 milioni di dollari nel minuscolo Stato insulare, cioè l'8% del prodotto interno lordo del Paese. Ogni squalo che vive nelle acque di Palau vale 180.ooo $ all'anno, mentre uno squalo ucciso e venduto per la sua carne vale circa 108 dollari. Quindi a Palau uno squalo vivo vale 17.000 volte di più di uno squalo morto.

Secondo Mark Meekan dell'Australian institute of marine science, «Squali può essere letteralmente una "million dollar" specie ed un significativo driver economico. A causa del loro basso tasso di riproduzione e della loro tardiva maturità sessuale, le popolazioni di squali sono state portate ad un declino globale dovuto alla pesca. Eppure il nostro studio dimostra che questi animali possono contribuire molto di più come risorsa turistica che come un obiettivi di cattura».

Più volte anche su greenreport.it abbiamo sottolineato che le popolazioni di squali in tutto il mondo sono state decimate dalla pesca eccessiva e dalle catture accidentali. Le associazioni ambientaliste, a partire da Shark Alliance denunciano che milioni di squali vengono uccisi ogni anno per soddisfare la crescente domanda di zuppa di pinna di pescecane e che in molti casi agli squali catturati vengono tolte le pinne e poi sono ributtati in mare ancora vivi, la barbara pratica che viene chiama finning.

Palau va controcorrente e respinge l'assalto delle flotte asiatiche: dal 2009 è diventato il primo Paese al mondo a dichiarare le sue acque Santuario degli squali, off-limits alla pesca ad al inning degli squali. La protezione assoluta è stata estesa anche a balene, delfini e dugonghi. Nel 2010 anche l'Honduras e le Maldive hanno seguito l'esempio Palau, mentre altri Paesi hanno vietato o stanno pensando di proibire la vendita, il possesso o la distribuzione di pinne di squalo.

Il Palau Shark Sanctuary è stato fondato già nel 2001 nel tentativo di porre fine alla distruzione degli squali di Palau a seguito del dilagante shark-finning attuato dai pescherecci stranieri a palangari che avevano ottenuto le licenze per pescare nelle acque di Palau. Il santuario oggi comprende tutta la grande zona economica esclusiva del mare di Palau. Il presidente di Palau, Tommy E. Remengesau Jr, nel 2003 dette pubblicamente fuoco ad un'enorme quantità di pinne di squalo trovata a bordo di una nave straniera sorpresa a pescare illegalmente nelle acque di Palau e nel settembre 2003 ha firmato una legge durissima contro lo shark-finning. Nel 2004 Remengesau è stato premiato da Sharkproject che ha nominato Palau "Guardian of the Year". Oggi, attraverso attività educative e di sensibilizzazione dell'opinione pubblica, Il Palau Shark Sanctuary sostiene gli sforzi internazionali per porre fine allo shark-finning.

Anche se lo studio australiano si è concentrato sul valore economico degli squali per il turismo, evidenzia che non deve essere sottovalutato che il ruolo svolto dagli squali negli ecosistemi in cui vivono: «Come maggiori predatori, gli squali sono una parte importante della catena alimentare marina, e la loro perdita può potenzialmente avere un impatto significativo sugli altri animali selvatici» Secondo Matt Rand, direttore di Global shark conservation del Pew Environment Group, che ha commissionato la ricerca, «lo shark tourism può essere un motore economico sostenibile. La pesca eccessiva degli squali può avere effetti disastrosi sugli ecosistemi oceanici, ma questo studio fornisce casi interessanti che possono convincere altri Paesi a proteggere questi animali a favore del loro oceano e per il valore che hanno per il benessere finanziario dei loro Paesi»

da greenreport.it 6 maggio 2011

martedì 3 maggio 2011

Roma: Riapre Baubeach, la prima spiaggia per cani d'Italia


Nel mese di maggio è prevista la riapertura di Baubeach, la prima spiaggia per cani d’Italia, dove sono vietati i guinzagli. Nata nel 1998 era stata riavviata la scorsa stagione dopo qualche anno di chiusura.

Patrocinata quest’ anno dal ministero del Turismo, dal Consiglio Regionale del Lazio e dalla Provincia di Roma, Baubeach occuperà un’area di 7000 metri quadri a Maccarese, sulla costa a nord di Roma.

«Quest’anno l’intento è quello di arricchire il servizio offerto e anche le proposte - riferisce Baubeach - perché il titolo di Spiaggia da Oscar, conferita dalla rivista spiagge d’ Italia presso la Fiera balnearia di marina di Carrara lo scorso inverno, sia meritato davvero».

Oltre a provvedere agli allacci idrici ed elettrici primari, la spiaggia verrà arredata con strutture in legno, biocompatibili ed amovibili, che creeranno pedane di passaggio, una piccolissima ma efficiente Zona Ristoro, il “Bio Riad” - organizzata con un servizio di biocatering biologico, alcune volte etnico, con piatti freddi, gelati, caffé e birra - all’ interno della tenda Berbera che ospiterà la Reception e numerose aree di ristoro. Saranno inoltre presenti erogatori di bustine in tutta l’area e verrà attivato un servizio dedicato all’igiene e alla Bau Beauty con doccette, erogatori shampoo-balsamo biocompatibili e asciugamani.

Pochi ma essenziali saranno i requisiti per accedere a questa spiaggia: i cani non dovranno essere aggressivi e generalmente non tenuti al guinzaglio; non saranno accettate le femmine in periodo estrale e sarà richiesto il libretto sanitario del cane per il controllo delle vaccinazioni; non potranno entrare i cuccioli minori di tre mesi e l’animale dovrà essere in regola con l’iscrizione all’anagrafe canina (tatuaggio o microchip). Se così non fosse, Baubeach metterà a disposizione il veterinario di riferimento locale per provvedere.

L’associazione Baubeach promuove inoltre la campagna contro l’ abbandono dei cani ed offrirà all’interno del suo spazio l’ ospitalità ad Associazioni che da anni si occupano di adozioni.

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