venerdì 4 ottobre 2013

Circhi, liberi di trattare gli animali come bestie



Tutti gli animali, dentro e fuori dai circhi, andrebbero tutelati e trattati con rispetto. Con la bocciatura del nostro emendamento al Decreto Cultura, con il quale chiedevamo di azzerare i contributi statali nei confronti di coloro i quali esercitano attività circense utilizzando animali, è stata avallata la linea del sostegno nei confronti di chi troppo spesso tiene gli animali in condizioni disumane, al limite della tortura. Il grado di civiltà di un paese si evince anche da battaglie, solo apparentemente marginali, come questa. E oggi, con il "no" di Pd e Pdl al nostro emendamento, questo Governo ha dimostrato ancora una volta il suo stampo reazionario.
Nel 2012 lo Stato ha destinato ai circhi circa 3 milioni e 400 mila euro. Di questa cifra, più di 250 mila euro sono stati assegnati a circhi condannati per reati contro gli animali o che hanno violato le normative statali e sovranazionali in materia di protezione degli animali. 

Al momento non esiste ancora una normativa che regolamenti l'attività degli animali all'interno del circo. Cultura vuol dire anche questo: sopprimere ogni forma di ingiusta barbarie perpetrata contro esseri innocenti. Concepire in un senso innovativo gli spettacoli circensi è possibile. Basti pensare alle numerose compagnie che pongono l'uomo al centro delle esibizioni e che puntano sulla valorizzazione e la bravura dei giocolieri, trapezisti, clown, comici, mimi, contorsionisti.

scritto da Movimento 5 Stelle   Camera News,  3 ottobre 2013

mercoledì 2 ottobre 2013

Ecocidio nello Zimbabwe: 81 elefanti avvelenati col cianuro, forse migliaia gli altri animali



Continua la strage degli elefanti nello Zimbabwe e la situazione si aggrava di giorno in giorno. Almeno 81 pachidermi sono stati avvelenati per prendere le loro zanne, i bracconieri hanno messo il cianuro nelle pozze d’acqua dove si abbeverano.

Il 24 settembre il ministro del turismo di Harare, Walter Mzembi, ha confermato l’ecocidio in corso dopo una visita all’Hwange National Park, i funzionari del Wildlife department  hanno detto che l’impatto dell’avvelenamento non riguarda solo gli elefanti e che il cianuro ha ucciso subito molti animali più piccoli che vanno ad abbeverarsi nelle pozze e dopo i predatori che se ne nutrono e gli avvoltoi che spolpano le carcasse. Ma le pozze avvelenate sono anche frequentate da grossi erbivori come giraffe, zebre e bufali.

I ranger del parco, che tenevano sotto controllo un nascondiglio di zanne di avorio, hanno arrestato 9 bracconieri. Il nuovo ministro dell’ambiente dello Zimbabwe, Saviour  Kasukuwere, si è impegnata a rendere le pene detentive per i bracconieri più severe, ma Jerry Gotora, direttore del dipartimento parchi dello Zimbabwe è sconsolato: «Quando abbiamo lasciato l’Hwange National Park domenica, il numero totale di elefanti che erano morti per avvelenamento da cianuro era di 81. Sono morti anche molti altri animali, ma non abbiamo ancora il numero totale».
Il bilancio di questo sterminio include anche i più di 40 elefanti trovati morti per avvelenamento all’inizio del mese sempre nell’Hwange National Park che, con i suoi 4.650 km2 è l’area protetta più grande dello Zimbabwe.
Negli ultimi anni in diverse zone dell’Africa è aumentato il bracconaggio e soprattutto l’uccisione di elefanti e rinoceronti per soddisfare la richiesta di corni e zanne che viene dall’Asia. I ministeri dell’ambiente dei Paesi dell’Africa australe ed orientale stimano che ogni anno vengono massacrati decine di migliaia di elefanti in quella che definiscono la peggiore ondata di bracconaggio da decenni.

da greenreport.it, 26 settembre 2013

venerdì 2 agosto 2013

Congo, il WWF: «Difendiamo il parco di Virunga dai petrolieri»

Andrea Barolini *


L'associazione ha lanciato un appello alla compagnia petrolifera Soco affinché non sfrutti il permesso ottenuto di trivellare nel parco naturale, il più antico del continente africano.


 Il WWF ha lanciato questa mattina una campagna per la salvaguardia del parco nazionale di Virunga, in Congo, il più antico dell’intero continente africano. La riserva è infatti minacciata dalla compagnia britannica Soco International, che ha ottenuto un permesso per trivellare alla ricerca di petrolio

Classificato patrimonio mondiale dell’umanità dall’Unesco, il parco copre una superficie di 790 mila ettari, e ospita un ecosistema estremamente vario, che comprende anche migliaia di rinoceronti e numerosi elefanti. Proprio per questo, sottolinea il WWF, la stessa agenzia delle Nazioni Unte ha chiesto il ritiro dei permessi petroliferi concessi alla Soco. Anche la francese Total ha ottenuto un’autorizzazione, ma nel corso dell’assemblea generale tenuta a maggio scorso, si è impegnata a non effettuare trivellazioni se non al di fuori dei confini del parco. 

Secondo Raymond Lumbuenamo, responsabile dell’associazione ecologista in Congo, l’estrazione di petrolio all’interno dell’area protetta provocherebbe effetti devastanti sulle comunità locali, che dipendono dal parco di Virunga per la pesca, l’acqua potabile nonché altre risorse naturali. 


         *  da www.valori.it , 1 Agosto 2013

martedì 30 luglio 2013

Addio alle farfalle: in Europa sono diminuite del 50% in appena 20 anni




Le farfalle di prateria si sono drasticamente dimezzate tra il 1990 e il 2011. Secondo un rapporto dell’Agenzia europea dell’ambiente (Eea) appena pubblicato, questo calo è stato causato dal progressivo aumento della pratica agricola intensiva  e dall’incapacità di gestire adeguatamente gli ecosistemi ed i pascoli.

La diminuzione del numero di questi lepidotteri è particolarmente preoccupante, secondo il rapporto The European Grassland Butterfly Indicator: 1990–2011, perché queste farfalle sono considerate indicatori rappresentativi delle tendenze osservate per la maggior parte degli altri insetti terrestri, che insieme formano circa i due terzi delle specie animali del mondo. Ciò significa che le farfalle sono utili indicatori di biodiversità e della salute generale degli ecosistemi. Delle 17 specie monitorate nel ventennio in Europa, otto sono diminuite, due sono rimaste stabili e solo una ha fatto registrare un aumento. Per sei specie invece la tendenza è incerta.
Hans Bruyninckx, direttore esecutivo dell’Agenzia dell’ambiente, ha dichiarato: «Questo drammatico declino delle farfalle di prateria deve far suonare campanelli d’allarme. Se non riusciamo a mantenere gli habitat naturali potremmo perdere molte di queste specie per sempre. Dobbiamo riconoscere l’importanza delle farfalle e degli altri insetti soprattutto per l’impollinazione che svolgono,  fondamentale sia per  gli ecosistemi naturali sia per la stessa agricoltura».
L’intensificazione agricola porta a praterie uniformi che sono quasi sterili per la biodiversità. Inoltre, le farfalle sono anche vulnerabili ai pesticidi, spesso utilizzati nei sistemi di produzione intensiva. Ma anche i terreni agricoli, abbandonati per ragioni socio-economiche, possono essere una concausa. Quando l’agricoltura su terreni a bassa produttività riduce le possibilità di reddito  e non c’è sostegno da parte della politica agricola comune (Pac), gli agricoltori abbandonano le loro terre che ben presto diventano macchia e boschi. Habitat altrettanto non congeniali per le farfalle. In alcune regioni dell’Europa nord-occidentale, le farfalle di prateria sono ormai quasi limitate ai soli cigli stradali, le diramazioni ferroviarie, luoghi rocciosi o palustri, le aree urbane e le riserve naturali.

Il rapporto commissionato dall’Agenzia si basa su dati e modelli elaborati da De Vlinderstichting (Dutch Butterfly Conservation), Butterfly Conservation Europe e dall’Ufficio Statistiche dei Paesi Bassi. L’indicatore riunisce informazioni provenienti da sistemi nazionali di monitoraggio in 19 paesi in tutta Europa. Migliaia di registratori professionali e volontari addestrati hanno contato farfalle su circa 3.500 transetti sparsi ampiamente in tutto il continente.
Ma il dato più preoccupante che il rapporto suggerisce è che il recente dimezzamento numerico di farfalle evidenzia  un trend di diminuzione in crescita, con un serio rischio di estinzione per moltissime specie.
La strategia dell’UE per la biodiversità riconosce il cattivo stato di conservazione delle praterie, che  devono essere gestite correttamente,  sia all’interno di aree protette Natura 2000 sia su terreni agricoli High nature value (Hnv). Un nuovo sistema di pagamenti nell’ambito della Politica Agricola Comune potrebbe contribuire a sostenere una migliore gestione, suggerisce il rapporto e le farfalle di prateria, come indicatore europeo,  potrebbero essere usate proprio come misura del successo delle politiche agricole, contribuendo a raggiungere l’obiettivo di arrestare la perdita di biodiversità entro il 2020.

·         * da greenreport.it    23 luglio 2013

martedì 11 giugno 2013

Fattorie della bile: luoghi di crudeltà incommensurabile



di Marinella Robba * 

Piu' che una forma di vivisezione: una lenta ed atroce tortura che puo' durare piu' di 25 anni. Chi entra in una delle fattorie della bile cinesi, vietnamite o coreane entra in vere e proprie camere di tortura attrezzate. Le vittime sono gli Orsi della Luna, denominati così per la caratteristica macchia bianca sul petto. Sottratti alle madri ancora cuccioli, vengono imprigionati in gabbie poco piu' grandi del loro corpo per l'estrazione continua della bile, fino al sopraggiungere della morte. Il prelievo viene effettuato attraverso rudimentali cateteri conficcati nell'addome. La totale immobilita' a cui sono costretti gli orsi, insieme alla privazione di cibo e acqua aumentano il livello di stress e, di conseguenza, la quantita' di bile prodotta. Questo sistema provoca ferite semipermanenti che consentono il continuo defluire della bile. Ferite che si infettano e provocano un dolore straziante. 


Nel luglio 2000 Animals Asia Foundation, organizzazione internazionale fondata da Jill Robinson, riuscì ad ottenere un accordo con le autorita' cinesi per la liberazione degli orsi e la chiusura progressiva delle fattorie. In Vietnam questi luoghi di tortura, illegali dal 1992, sono ancora molto diffusi e gli Orsi della Luna imprigionati e torturati sono migliaia. Anche in Vietnam, nel 2006, è stato siglato un accordo ufficiale per il rilascio di centinaia di esemplari. «Sono complessivamente circa 400 gli orsi salvati tra Cina e Vietnam, attualmente ospiti dell' organizzazione - spiega Irene De Vitti, direttore di Animals Asia Foundation Italia - ma restano migliaia quelli ancora rinchiusi nelle fattorie della bile: 10.000 in Cina e 2.400 in Vietnam. Una cifra impressionante se si pensa che in natura sopravvivono circa 16.000 esemplari. L'Orso della Luna e' una specie autoctona a serio rischio di estinzione. Per essere chiari: nella Convenzione CITES risulta incluso nella stessa appendice del Panda». Attualmente sono attivi due centri di recupero, soprannominati Santuari. Uno si trova in Cina e l'altro in Vietnam, entrambi gestiti da Animals Asia Foundation. «E' l'unica organizzazione straniera che opera in Cina, dove e' riuscita a costruire un grande centro di recupero - afferma Adriana Rizzo, volontaria dell'or ganizzazione - mentre in Vietnam gestisce il Santuario di Tam Dao, che attualmente ospita 104 orsi e c'e' un progetto di espansione». Le condizioni degli orsi che vi giungono sono estreme: agonizzanti, denutriti, disidratati, in stato di shock. Molti sono colpiti da malattie invalidanti come artriti, peritoniti, ulcere perforanti e tumori. Alcuni orsi, inoltre, hanno subito l'asportazione dei denti e l'amputazione delle falangi per rendere piu' sicura l'estrazione della bile. Appena giungono al centro di recupero vengono sottoposti a massicce terapie mediche a base di antibiotici e a lunghi interventi chirurgici finalizzati a contenere i danni provocati da tanti anni di torture. «A tutti gli orsi viene asportata subito la cistifellea irrimediabilmente compromessa dalla continua estrazione di bile - asserisce Adriana Rizzo - solo questo primo intervento costa oltre 450 euro, ma sono sempre necessarie altre cure mediche i cui costi sono altissimi. Cerchiamo quindi di attivarci il piu' possibile per informare e raccogliere denaro, perche' l'associazione non riceve finanziamenti pubblici e le spese per le cure degli orsi e per la gestione delle strutture sono elevate». Dopo le cure mediche seguono intensi mesi di fisioterapia finalizzati al recupero della muscolatura atrofizzata dagli anni di immobilita' e all'instaurazione di legami con l'ambiente circostante e con i propri simili. Dalla bile degli Orsi della Luna viene estratto il suo componente principale: l'acido ursodeoxicolico. 

Utilizzato dalla medicina tradizionale cinese per curare febbre, patologie del fegato, infiammazioni agli occhi e convulsioni. Tuttavia pare sia rischioso per la salute umana, come spiega Irene De Vitti: «In Cina e in Vietnam, soprattutto negli ultimi anni, si va affermando sempre maggiore consapevolezza rispetto al tema dell'animal welfare e, nel caso specifico delle fattorie della bile, ai rischi per i consumatori; la bile, infatti, viene estratta da animali molto malati. Inoltre, e' contaminata da sostanze nocive, tra cui cellule cancerogene. L'impiego di prodotti che contengono il principio attivo estratto dalla bile degli orsi puo' comportare effetti collaterali ben peggiori delle malattie che curano. Tutto questo - conclude - si aggiunge agli evidenti problemi sotto il profilo etico e di sopravvivenza della specie». Ma esistono metodi alternativi che non hanno effetti collaterali per l'essere umano e rispettano gli animali? Le alternative possono essere sia di natura sintetica che di natura erboristica. L'acido ursodeoxicolico puo' essere facilmente riprodotto in laboratorio. Non solo. Hanno le stesse proprieta' terapeutiche il tarassaco, l'edera e la salvia, i cui costi sono bassissimi, non hanno effetti collaterali per l'uomo e il loro uso rispetta gli animali. Discorso analogo per il balsamo di tigre, che puo' essere efficacemente sostituito da unguenti di origine vegetale. Se da un lato e' evidente a tutti la crudelta' del metodo di estrazione della bile dagli Orsi della Luna, dall'altro lato e' una mera illusione pensare che sia l'unica atrocita' a danno degli animali. «In quei Paesi, nonostante i divieti, i maltrattamenti vengono perpetrati ugualmente - commenta con amarezza la Rizzo - ne e' un esempio lampante la produzione di vino con ossa di tigri. Visto che e' vietato ucciderle, per aggirare il divieto, le richiudono in gabbie e le lasciano morire di fame. In questo modo ottengono le ossa per produrre il vino». La situazione e' allarmante perche' attualmente sopravvivono pochissimi esemplari. «C'e' anche un altro aspetto molto preoccupante - aggiunge Irene De Vitti - rappresentato dai tanti zoo e parchi safari che, dietro al formale impegno di svolgere un ruolo primario nella salvaguardia delle specie in via di estinzione, sono vere e proprie attrazioni per turisti che ben poco hanno a che fare con il benessere animale. Tra le attivita' degne di nota, il famigerato live feeding, pratica aberrante nella quale prede vive vengono date in pasto ai grandi felini sotto lo sguardo compiaciuto degli spettatori, tra cui purtroppo molti bambini». 

da Pelo & Contropelo n.1 del 2013 
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