L'Australian institute of marine science ha realizzato uno studio sullo shark tourism, il turismo degli squali, nell'arcipelago di Palau, nell'Oceano Pacifico, ed ha scoperto che è diventata una vera e propria eco-industria che porta ogni anno 18 milioni di dollari nel minuscolo Stato insulare, cioè l'8% del prodotto interno lordo del Paese. Ogni squalo che vive nelle acque di Palau vale 180.ooo $ all'anno, mentre uno squalo ucciso e venduto per la sua carne vale circa 108 dollari. Quindi a Palau uno squalo vivo vale 17.000 volte di più di uno squalo morto.
Secondo Mark Meekan dell'Australian institute of marine science, «Squali può essere letteralmente una "million dollar" specie ed un significativo driver economico. A causa del loro basso tasso di riproduzione e della loro tardiva maturità sessuale, le popolazioni di squali sono state portate ad un declino globale dovuto alla pesca. Eppure il nostro studio dimostra che questi animali possono contribuire molto di più come risorsa turistica che come un obiettivi di cattura».
Più volte anche su greenreport.it abbiamo sottolineato che le popolazioni di squali in tutto il mondo sono state decimate dalla pesca eccessiva e dalle catture accidentali. Le associazioni ambientaliste, a partire da Shark Alliance denunciano che milioni di squali vengono uccisi ogni anno per soddisfare la crescente domanda di zuppa di pinna di pescecane e che in molti casi agli squali catturati vengono tolte le pinne e poi sono ributtati in mare ancora vivi, la barbara pratica che viene chiama finning.
Palau va controcorrente e respinge l'assalto delle flotte asiatiche: dal 2009 è diventato il primo Paese al mondo a dichiarare le sue acque Santuario degli squali, off-limits alla pesca ad al inning degli squali. La protezione assoluta è stata estesa anche a balene, delfini e dugonghi. Nel 2010 anche l'Honduras e le Maldive hanno seguito l'esempio Palau, mentre altri Paesi hanno vietato o stanno pensando di proibire la vendita, il possesso o la distribuzione di pinne di squalo.
Il Palau Shark Sanctuary è stato fondato già nel 2001 nel tentativo di porre fine alla distruzione degli squali di Palau a seguito del dilagante shark-finning attuato dai pescherecci stranieri a palangari che avevano ottenuto le licenze per pescare nelle acque di Palau. Il santuario oggi comprende tutta la grande zona economica esclusiva del mare di Palau. Il presidente di Palau, Tommy E. Remengesau Jr, nel 2003 dette pubblicamente fuoco ad un'enorme quantità di pinne di squalo trovata a bordo di una nave straniera sorpresa a pescare illegalmente nelle acque di Palau e nel settembre 2003 ha firmato una legge durissima contro lo shark-finning. Nel 2004 Remengesau è stato premiato da Sharkproject che ha nominato Palau "Guardian of the Year". Oggi, attraverso attività educative e di sensibilizzazione dell'opinione pubblica, Il Palau Shark Sanctuary sostiene gli sforzi internazionali per porre fine allo shark-finning.
Anche se lo studio australiano si è concentrato sul valore economico degli squali per il turismo, evidenzia che non deve essere sottovalutato che il ruolo svolto dagli squali negli ecosistemi in cui vivono: «Come maggiori predatori, gli squali sono una parte importante della catena alimentare marina, e la loro perdita può potenzialmente avere un impatto significativo sugli altri animali selvatici» Secondo Matt Rand, direttore di Global shark conservation del Pew Environment Group, che ha commissionato la ricerca, «lo shark tourism può essere un motore economico sostenibile. La pesca eccessiva degli squali può avere effetti disastrosi sugli ecosistemi oceanici, ma questo studio fornisce casi interessanti che possono convincere altri Paesi a proteggere questi animali a favore del loro oceano e per il valore che hanno per il benessere finanziario dei loro Paesi»
da greenreport.it 6 maggio 2011
Nessun commento:
Posta un commento