I 19 equini, dopo anni di sfruttamento in pista, diventeranno cibo in
scatola. Viale Aldo Moro ne è proprietaria e per destinarli ad altro uso dovrebbe
abbassare il prezzo di vendita incorrendo in un richiamo della Corte dei Conti.
La protesta degli animalisti e di molti consiglieri regionali. Lunedì
l'interrogazione in aula di M5S, Pdl, Idv e Sel
di Annalisa
Dall'Oca *
Potrebbero essere destinati all’ippoterapia
e trascorrere gli ultimi anni della loro vita in un centro specializzato, per
migliorare la salute dei pazienti, spesso bambini con disturbi del linguaggio, del comportamento, o sindrome
di Down. Invece per i 19 cavalli
sfrattati dal Centro regionale di incremento
ippico di Ferrara, chiuso a marzo, la via è una sola: quella del macello. A stabilirlo, almeno
indirettamente, è la Regione Emilia
Romagna, proprietaria degli animali, che alle sollecitazioni delle molte
associazioni animaliste
intervenute per salvare gli equidi ha risposto con una sola obiezione. Il
problema, in un momento in cui l’intera politica italiana è analizzata nei
minimi dettagli, in tempo di scandali, sprechi e regalie, e con la guardia di
finanza ormai onnipresente in viale Aldo Moro, è sempre lo stesso. La Corte dei Conti.
Per salvare gli animali, infatti, inquilini del centro ormai in disuso che
aveva sede nell’Ippodromo di Ferrara, vittima, come quello di Bologna, dei tagli all’ippica apportati dal governo, la Regione dovrebbe cambiare la
destinazione d’uso dei cavalli. Che attualmente prevede la macellazione per “produzione di
alimenti per consumo umano (Dpa)”,
com’è scritto nel loro libretto anagrafico. Modificarla, spiega in una
comunicazione ufficiale proprio l’assessorato all’Agricoltura, comporterebbe
però “la diminuzione del valore” degli animali, ed esporrebbe la Regione “a
rilievi da parte della magistratura contabile”.
“Eppure l’assessorato ci aveva promesso
un intervento per salvare la vita degli cavalli” ricorda Lilia Casali, presidente di Animal
Liberation di Bologna. Dopo la chiusura del centro, sopraggiunta la necessità
di ricollocare gli animali, l’assessorato, il 13 settembre, ha incontrato le
associazioni annunciando l’intenzione di aprire un’asta pubblica, che si è svolta il 14 settembre. “Prima che le
buste con i nomi dei vincitori fossero aperte, abbiamo chiesto alla Regione di
inserire una clausola perché la dicitura fosse cambiata e ci è stato risposto
che i funzionari dell’assessorato si sarebbero impegnati a contattare i
possibili acquirenti per porre la condizione”. Ovviamente, gli allevatori
avrebbero potuto rifiutarsi. E così è stato.
“Ci è stato detto di attendere perché se avessimo sollevato la questione si
sarebbero potuti creare problemi di turbativa
d’asta. Invece, il 24, l’assessorato si è rimangiato la parola data”.
Dopo che alle associazioni è stato comunicato che due dei quattro allevatori
vincitori dell’asta avevano rifiutato la clausola, tanto che l’ufficio legale,
per non creare disparità tra gli acquirenti, “aveva dovuto cancellarla per
tutti”, attraverso una comunicazione ufficiale, col logo di viale Aldo Moro, è
arrivato il ‘no’ definitivo. A quel punto, le associazioni si sono offerte di
corrispondere la differenza di valore tra un animale ‘dpa’ e uno non destinato
alla produzione alimentare, senza esito però. “Si tratta di poche migliaia di
euro in tutto, equivalenti allo 0,00015%
del bilancio della Giunta – spiega la Casali – è una cifra irrisoria e
con tutto quello che è emerso fin d’ora dalle indagini non ha senso
preoccuparsi di quella che sarebbe a tutti gli effetti un’azione positiva”.
La soluzione, per gli animalisti che hanno avviato una campagna a suon di email di protesta da inviare proprio
all’assessorato competente, è una sola: donare a una Onlus gli animali, affinché “possano vivere serenamente dopo una
vita di sfruttamenti al servizio dell’uomo” e si “renda un servizio alle tante
realtà che in Emilia Romagna utilizzano la pet therapy per migliorare la
salute di molti pazienti”. Tra l’altro, la stessa legge 10/2000 consentirebbe al Parlamentino di donare gli animali, “così
come avviene, ad esempio, per i beni sequestrati alla mafia – ricorda Andrea Defranceschi, consigliere del
Movimento 5 Stelle – ma ormai hanno tutti paura della Corte dei Conti”. E
comunque, spiega anche il pidiellino Malaguti,
“dubito fortemente che per un importo così basso ci sia qualche magistrato
disposto a portare in giudizio la Regione, e se anche fosse, il rispetto per la
vita è più importante della burocrazia”. A meno che non intervenga il Presidente della
Giunta, Vasco Errani, tuttavia,
la situazione sembra destinata a rimanere bloccata. Perché, come ha ribadito Davide Barchi, funzionario
dell’assessorato all’Agricoltura contattato da ilfattoquotidiano.it,
“noi non possiamo abbassare il valore di un patrimonio della Regione, cosa che
accadrebbe sia donando il bene, sia cambiando la dicitura. La Corte dei Conti
ormai controlla tutte le azioni delle istituzioni, giustamente, e dobbiamo
procedere con la vendita. Poi, qualora il patrimonio non fosse richiesto da
nessuno, si potrà valutare una donazione”.
A quel punto, però, almeno per una parte degli animali potrebbe essere
tardi. “Io credo che la Regione debba fare molto di più – chiarisce Liana Barbati, consigliere regionale
dell’Italia dei Valori – credo che si possa trovare una formula per effettuare
la donazione, e se la Corte dei Conti dovesse indagare ben venga. Noi siamo
stati i primi a presentare una proposta per chiedere trasparenza sui bilanci del gruppo, che tra l’altro sono
pubblicati online”. Lunedì, quindi, i consiglieri regionali Giuseppe Paruolo, Pd, Andrea
Defranceschi, M5S, Liana Barbati, Idv, Gabriella
Meo, Sel Verdi, e Mauro Malaguti, Pdl, che presenterà in aula
un’interrogazione a risposta diretta, incontreranno l’assessore Tiberio Rabboni “per chiedere un
intervento immediato – spiegano .– Non bisogna essere animalisti per credere
che sia eticamente sbagliato mandare a morte quegli animali”. Perché dopo tutto
quello che è successo, dopo l’anno nero della politica italiana, costellato da
scandali, sprechi e regalie, “gli elettori non sono più disposti a dare assegni
in bianco ma giudicano i fatti concreti – attaccano – e se l’assessorato
venderà gli animali senza garanzie, se questi dovessero essere uccisi e
macellati, allora dovrà risponderne
pubblicamente”.
* da ilfattoquotidiano.it, 21
ottobre 2012
Complimenti, ho dato un'occhiata al blog e mi è piaciuto = ) anche io ho un blog in cui mi occupo a volte di animali, anche se in generale sono più orientato sui problemi della Natura in generale.
RispondiEliminaContinuate così, a presto